Traduzioni del Satyricon: Piero Chiara ne fa una un po' libera, fa una nuova e arbitraria
suddivisione dei frammenti, li accorpa cercando un'economia
romanzesca secondo il suo canone di romanzo contemporaneo.
Sanguineti, al contrario, è filologicamente scrupoloso, tiene la
suddivisione dei frammenti latini, segue molti costrutti quasi alla
lettera, sta col fiato sul collo al testo che traduce (ed è per
questo, poi, che gli scarti sono geniali: parla di spirito santo,
padre eterno, chiesa, dessert, strizza l'occhio a Dante - “del cul
facea trombetta” - ma con la giusta frequenza, meno per esempio che
nella traduzione del Faust o nel travestimento da Gozzi); questa
attenzione filologica, non parte da una prospettiva conservatrice,
niente “pedantesca archeologia”, come avverte lo stesso
Sanguineti in nota; secondo me parte dalla stessa finalità di Piero
Chiara: leggere il Satyricon come un romanzo contemporaneo, solo che,
evidentemente, di questo si ha un concetto opposto. Se Chiara cerca
l'organicità saldando i frammenti, dimostrando di avere un'idea
sostanzialmente classica, che si riaggancia all'Ottocento, della
categoria letteraria del romanzo, Sanguineti conserva scrupolosamente
i frammenti perché essi costituiscono per lui la sola costruzione
romanzesca veramente attuale. Rendere contemporaneo Petronio per
Sanguineti consiste proprio nel salvaguardare sia il suo stile, sia
la parcellizzazione del romanzo dovuta sostanzialmente al caso. Ce ne
si rende conto a confrontare questo testo con i due romanzi
sanguinetiani; non per niente Capriccio italiano ha in
epigrafe una citazione petroniana, inerente, appunto, alla
frammentarietà: “Per Luciana, cioè mia moglie; vitrea fracta et
somniorum interpretamenta”.
Jacopo Narros
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