"SONO contento che il mio
libro esca in Italia, paese cruciale nella storia della scrittura".
Ewan Clayton è uno dei più famosi calligrafi del mondo, una figura
senza tempo, capace di viaggiare con disinvoltura tra epoche remote e
futuro tecnologico. Forse perché per cinque anni è rimasto chiuso in un
monastero, "monaco amanuense del XX secolo" dice lui, per poi trovarsi
catapultato nello Xerox Parc a Palo Alto, la famosa divisione di
ricerca dove erano stati inventati i computer connessi in rete e le
finestre di windows. "Entrambe sono state esperienze religiose",
racconta dal suo studio nell'Università del Sunderland, in Gran
Bretagna. La sua biografia ci aiuta a capire un'opera affascinante e
ambiziosa come The Golden Thread ( ora tradotto con il titolo Il filo
d'oro).
È una storia della scrittura che comincia sulle pareti
rocciose nell'Alto Egitto e si ferma - al momento - nei laboratori
della Silicon Valley. Tremila anni di parole scritte attraverso rotoli
di papiro, tavolette di cera, marmi, pergamene, penne d'oca, pennini,
penne a sfera, penne a biro, macchine da scrivere e schermi pixelati.
La scrittura secondo Clayton è un atto fisico, non solo intellettuale. È
il frutto di un movimento, che coinvolge dita, braccio e spalla.
Possiede una dimensione artigianale e iconografica, a cui hanno
lavorato moltissimi uomini per favorire la trasmissione di conoscenza. E
le lettere dell'alfabeto veicolano sì suoni e significati, ma sono
anche corpi sensuali, provvisti di "odore", "consistenza",
"luminosità", "colore". Quello del calligrafo inglese è un inno al
saper scrivere che oggi si trova davanti a una nuova sfida, forse la
più difficile: scriviamo sempre di più, ma in che modo? "Le nuove
tecnologie ci permettono di reinventare il nostro rapporto con la
parola scritta, ma non sappiamo ancora a quali elementi affidarci. Ho
pensato che la prima cosa da fare fosse raccontare in che modo la
scrittura è arrivata a essere ciò che è".
Che cosa ha capito dopo aver scritto il libro? Oggi abbiamo bisogno di tutte le tecniche,
quelle antichissime e le più innovative. Passato e futuro non sono in
guerra. Al contrario, dobbiamo coltivare la ricchezza della scrittura
nelle sue varie modalità, cartacee e digitali, evitando ogni
fondamentalismo. E coloro che ora sono chiamati a intessere il filo
d'oro della comunicazione scritta dovranno fare in modo che non si
perda il senso di un'orditura secolare". Sul futuro della scrittura lei appare molto ottimista. "Sì,
perché penso al suo ruolo che è irrinunciabile. Le tecniche vanno e
vengono: ciò che oggi ci sembra all'avanguardia domani sarà superato. Ma
ciò che non si esaurisce mai è la capacità inventiva dell'essere
umano. Le generazioni future non smetteranno mai di provare piacere
nello scrivere. E negli artefatti scritti cercheranno sempre la
bellezza. In fondo è solo negli ultimi decenni che i giovani hanno
sviluppato una loro cultura grafica autonoma". Questo è vero, però non sappiamo più scrivere a mano. E non riconosciamo la nostra calligrafia. "È
anche questa la ragione per cui ho voluto scrivere questo libro. Credo
che oggi la fascinazione digitale produca falsi dilemmi. Tendiamo a
enfatizzare i benefici di una tecnica di scrittura a scapito di
un'altra, ma se vogliamo insegnare ai ragazzi l'uso del computer non
dobbiamo certo smettere di insegnare il corsivo. Chi sa scrivere a mano
sarà sempre in vantaggio su chi sa premere dei tasti, sia sul piano
della memoria che su quello dell'organizzazione del testo. Lo dicono
anche le neuroscienze. Se durante una conferenza lei prende appunti sul
taccuino, le sue note mostreranno una costruzione più strutturata
rispetto a quelle del "suonatore di pianola", che richiama i fatti più
che i concetti. E chi scrive a mano tende a trattenere di più le
informazioni".
Lei perché si è appassionato alla scrittura? "Da
bambino fui ipnotizzato dalla calligrafia di un dottore: pensavo che
fosse la cosa più bella che avessi mai visto. Però a 12 anni cominciai a
fare confusione tra le lettere. Mi avevano insegnato tre stili diversi
in pochi anni e la mia grafia divenne illeggibile. Così fui rimandato
in classe con i bambini di otto anni, davvero mortificante. Ma la mia
fortuna è stata quella di crescere in un piccolo paese dove aveva
vissuto il grande calligrafo Edward Johnson. Mia nonna andava a ballare
con la signora Johnson, così mi diedero da leggere la sua biografia, e
mia madre mi fece avere una tavola di prove calligrafiche. Rimasi
incantato".
Imparò il mestiere di calligrafo, ma poi decise di chiudersi in un convento benedettino. "A
28 anni mi ammalai di cancro, così pensai a tutte le cose che dovevo
fare prima che fosse troppo tardi. La più folle fu senza dubbio quella
di farmi monaco, una scelta ostinatamente contraria a quei tempi,
l'Inghilterra di Mrs Thatcher. Restai al Worth Abbey per cinque anni.
"Brother Ewan", mi disse una volta il priore, "penso che la vita qui
dentro ti stia stretta come una scarpa di un numero più piccolo". Il
giorno dopo fui investito da una macchina e pensai: "Ok, forse hai
ragione". Lasciai il convento. Per fortuna dopo pochi mesi fui chiamato
in California come consulente del Palo Alto Research Centre, alla
Xerox".
Dal monastero alla Silicon Valley. Come fu il passaggio? "Fu
uno shock, ma neppure tanto. Ebbi un colloquio con John Seelay Brown,
direttore della Xerox, e capii subito che aveva gli stessi problemi del
priore. I ricercatori si misurano con l'ignoto. Ed è come vivere una
vita religiosa, che richiede contemplazione. Soprattutto bisogna
convivere con ciò che ancora non si conosce, nella buona e nella cattiva
sorte. John mi disse una volta che il suo principale lavoro consisteva
nel fare di tutto per non sedersi davanti ai problemi. È questo che
porta a nuove rivelazioni e scoperte".
Ha mai conosciuto Steve Jobs? "No,
non l'ho mai incontrato però ho imparato moltissimo da lui. Era un
tecnico che aveva capito l'importanza della maestria artigiana. Ha
creato oggetti bellissimi e io gli sono profondamente grato perché negli
anni dell'università aveva studiato calligrafia. Fin da principio ebbe
molto chiaro quanto fosse importante trasferire nel nuovo medium la
tradizione della grafica e delle arti tipografiche".
Ho letto che lei ha aiutato Apple a creare nuovi caratteri. "No,
il mio ruolo alla Xerox era più ampio. L'azienda aveva inventato molta
della tecnologia che ha prodotto la rivoluzione digitale: i concetti
di window, di desktop e mobile computer, la filosofia del "look and
feel" che c'è dietro la Apple. Ma il management non aveva capito le
potenzialità di queste invenzioni, lasciando che i loro artefici
prendessero il volo. Poi la Xerox decise di puntare sulla gestione dei
documenti, senza però sapere cosa fossero. Così fui assunto come
calligrafo: dovevo offrire il mio sguardo d'artista a un team di
scienziati".
Cosa significa essere alfabetizzati nel XXI secolo? "Credo
che si tratti di un work in progress. Le società evolvono in
continuazione e la scrittura è un fenomeno sociale. Ci si chiede di
scrivere in modo sempre diverso e noi dobbiamo padroneggiare non solo le
diverse forme di scrittura ma anche le istituzioni che ci sollecitano
a diversificare l'impiego delle nostre competenze alfabetiche. Emilia
Ferreiro, allieva di Piaget, sosteneva la necessità di concepire
l'alfabetizzazione come un continuum, un percorso che continua da
grandi. Gli ultimi vent'anni ne sono una straordinaria conferma ".
Ossignore...com'è??va bene??sembra che sia un po' più piccola rispetto agli altri...grazie a te Neil (Gaiman, presentatore del Nationa Books Awards 2014, ndt),
e grazie a chi dona questo bellissimo riconoscimento...il mio
ringraziamento dal cuore...alla mia famiglia, al mio agente, ai miei
editors...sapendo che il mio essere qui è frutto anche del loro lavoro
come del mio, e che questo bellissimo premio è loro quanto mio...
io rigioisco nell'accettarlo, e nel condividerlo con tutti gli scrittori
che sono stati esclusi dalla letteratura per così tanto...i miei
compagni autori di fantasy e fantascienza...scrittori dell'immaginazione
che per cinquant'anni hanno guardato questi premi andare ai così
chiamati realisti...!
credo che tempi difficili siano in arrivo quando noi vorremmo voci di
scrittori che possono vedere alternative a come viviamo adesso e che
riescono a vedere oltre la nostra società afflitta da paura e le sue
tecnologie ossessive, verso altri modi di essere, e perfino immaginare
qualche reale fondamenta di speranza.
avremo bisogno di scrittori che riusciranno a ricordare la
libertà...poeti...visionari... realisti di una più grande realtà.
ora come ora, credo che necessitiamo di scrittori che sappiano la
differenza tra la produzione di un bene di consumo e la pratica di
un'arte... -applauso platea- sviluppare materiale scritto che si adatti
alle strategie di vendita nell'ordine di massimizzare il profitto
corporativo e pubblicizzare il fatturato non è proprio la stessa cosa
che pubblicare libri responsabilmente ed esercitare la professione di
scrittori...-applauso dalla platea- .. grazie coraggiosi applauditori!!
-risate- ....eppure vedo i dipartimenti vendita ricevere controllo sopra
quelli editoriali...vedo il mio stesso editore in un panico sciocco di
ignoranza e avidità, rincarare il prezzo degli ebook di sei sette volte
alle biblioteche pubbliche, rispetto a quanto fanno con i clienti
normali -applauso- abbiamo appena visto uno speculatore tentare di
punire un editore per disobbedienza e scrittori minacciati da una fatwa
corporativa, e vedo molti di noi, chi scrive e chi realizza i libri,
accettare tutto questo, lasciare speculatori di merci venderci come
deodoranti e dirci cosa scrivere e cosa pubblicare...be..-una donna
grida I love you- ti voglio bene anch'io cara!!...i libri, vedete, non
sono solo beni. la spinta al profitto spesso è in conflitto con i
propositi dell'arte...noi viviamo nel capitalismo...il suo potere ci
sembra inevitabile. ma così sembrava anche il diritto divino dei re.
-risate-
qualsiasi potere umano può essere resistito e cambiato da esseri umani.
resistenza e cambiamento spesso hanno inizio nell'arte, e molto spesso
nella nostra arte, l'arte delle parole.
io ho avuto una lunga carriera e buona anche...in buona compagnia. ora,
qui, alla fine, davvero, non voglio vedere la letteratura americana
essere svenduta così.
noi che viviamo di scrittura ed editoria vogliamo, e dovremmo
richiedere, la nostra giusta parte in questi proventi.
ma il nome della nostra meravigliosa ricompensa non è profitto. il suo
nome è libertà.
"Neleo di Scepsi Filosofo (3° sec. a.C.). Figlio di Corisco signore di
Asso, ereditò da Teofrasto i cosiddetti scritti acroamatici di
Aristotele (➔), che alla morte del grande filosofo erano appunto passati
a Teofrasto; discendenti di N. li avrebbero nascosti a Scepsi in un
sotterraneo (dove i rotoli si sarebbero deteriorati), per sottrarli alla
smaniosa bibliofilia degli Attalidi; agli inizi del 1° sec. a.C. li
avrebbe però acquistati, insieme con gli scritti di Teofrasto,
Apellicone di Teo: la romanzesca storia è narrata da Strabone nei
Commentari Storici..."
Come è possibile vedere, non si tratta di un certo "Neleo (nome) Di Scepsi (cognome)".
IBS riesce a battere tutti titolando : "a cura di Di Scepsi N."
"Ho sempre cercato di avvicinare la mia mente a quella dei poeti indiani o giapponesi, delle vecchie donne del Connacht, delle medium di Soho, dei conversi che nella mia immaginazione vedo sognare in un monastero medievale i sogni dei loro villaggi, dei dotti che per ogni cosa rimandano agli antichi; da sempre cerco di immergere la mia mente nella mente universale ... da sempre cerco di liberarla da tutto ciò che proviene dalle assemblee e dai comitati, dal mondo come è visto dalle università e dalle città popolose; per riuscirci ho mormorato formule ed evocato spiriti, ho frequentato medium, mi sono immerso con gioia in tutto ciò che affrontava grandi questioni con immagini sensuali o frasi stimolanti, accettando dalle scuole astratte solo pochi termini tecnici, così antichi da sembrare architravi spezzate..."
Le piccole Librerie Storiche chiedono con fiducia al Ministro Dario Franceschini indicazioni per non chiudere, per restare, tangibili e ricche di memoria, ad illuminare le strade reali.
Nel frattempo, avanzava dal fondo della via, frastornata, una banda
inneggiante a nessuno: il condottiero impugnava una scopa intinta nella
merda, a dedurlo dall'odore. Gli altri suonavano come le scimmie,
percuotendo pentole di ogni sorta o dandosele in testa. Il sindaco
pisciava dal suo balcone sulla moltitudine. La maggior parte, senza
fantasia, dava l'assalto all'unico artificiere-vestiarista del paese, e
ne riusciva in domino, in maschera. Il maresciallo dei carabinieri accorreva
invece dalla parte opposta, «rimota» alla campagna, saltellando alla
corda. Il vescovo non si buttava dall'alto del campanile, perché nessuno
se ne sarebbe accorto. Alcuni, prendendo di mira un qualche muro
bianco, vi si schiacciavano contro, non senza conseguenze sanguinose.
Altri, più sprovveduti, s'arrampicavano sui pali dell'alta tensione e
giustamente morivano, fulminati all'istante. Chi era sordo fingeva
d'aver capito. Chi era zoppo provava a camminare; chi era muto faceva a
non vederci. Ma nessuno ci avrebbe creduto, perché non c'erano degli «a
solo». Ogni follia, al contrario, era eseguita da tutto un gruppo, a
dir meglio: un partito. Dio mio, che cosa stavano facendo?!
" Non c'è dubbio che, se Lesbia Brandon fosse stato pubblicato vivente l'autore, avrebbe scatenato uno scandalo, troppo scottanti, per l'epoca, i temi (flagellazione, adulterio, omosessualità, incesto) che esso sfiora o su cui indugia apertamente. "
Indice dei poeti:
Anna Achmatova, Endre Ady, Guillaume Apollinaire, Louis Aragon, Hugo Ball, Peter Baum, Milutin Bojić, Bertolt Brecht, Rupert Brooke, Velimir Chlèbnikov, Jean Cocteau, Gabriele D’Annunzio, Theo van Doesburg, Carlo Emilio Gadda, Gyóni Géza, Corrado Govoni, Nikolaj Gumilëv, Thomas Hardy, Ernest Hemingway, A. E. Housman, Piero Jahier, James Joyce, Pierre-Jean Jouve, Erich Kästner, Rudyard Kipling, Wilhelm Klemm, Karl Kraus, Alfred Lichtenstein, Karl Liebknecht, Vladimir Majakovskij, Curzio Malaparte, Osip E. Mandelstam, Filippo Tommaso Marinetti, Eugenio Montale, Wilfred Owen, Boris Pasternak, Pastuškin (Andrej Budal), Clemente Rebora, Isaac Rosenberg, Umberto Saba, Siegfried Sassoon, Camillo Sbarbaro, Edward Słonski, Ardengo Soffici, Charles Sorley, August Stramm, Carlo Stuparich, Ernst Toller, Georg Trakl, Tristan Tzara, William Butler Yeats, Franz Werfel.