martedì 29 marzo 2022
Garth Greenwe
«Volevo mettere radici, benché il vento stesse dicendo che le radici erano una truffa, non esistevano che accordi passeggeri, rifugi di fortuna e porti scadenti»
Garth Greenwe
domenica 27 marzo 2022
mercoledì 23 marzo 2022
sabato 12 marzo 2022
jack kerouac
non Due"
Ho detto
Nel campo di grano
rischiarato dalla luna
Vicino al Bosco
Ma un enorme insetto
è atterrato sul mio braccio
per schernirmi
E l'albero
Mi ha fatto cenno
Con i suoi milioni di occhi
Va-v-a-vh-as-hh
domenica 6 marzo 2022
Thomas Pynchon
‘Certi adulti che se ne vanno in giro con laurea, divisa e mostrine, investiti di pesanti responsabilità, possono in realtà essere dei perfetti idioti. E invece i marinai di provenienza operaia, teoricamente del tutto idioti, sono molto più capaci a mostrare competenza, coraggio, umanità, saggezza e altre virtù che le classi più acculturate rivendicano per se stesse.'’
Thomas Pynchon
sabato 5 marzo 2022
venerdì 4 marzo 2022
Peter Brooks, "Vite di Balzac", Carocci edizioni
: "La narrativa è una delle grandi categorie o sistemi di comprensione a cui ricorriamo nei nostri negoziati con il reale, e in particolare con i problemi della temporalità" e "ogni racconto, dal più semplice al più elaborato, è intenzionalmente ermeneutico, in quanto ripercorre gli avvenimenti passati allo scopo di porli al servizio della consapevolezza"
mercoledì 2 marzo 2022
julian barnes, "niente paura"
Una paura atavica e insuperabile attanaglia da sempre Julian Barnes, quella della propria estinzione. Nessun conforto può venire dalla fede, all'agnostico scrittore, che fin dalla prima riga confessa: «Non credo in Dio, però mi manca». Non resta dunque che unirsi alla fitta schiera di illustri tanatofobici che l'hanno preceduto - da Montaigne a Renard, da Rachmaninov a Larkin - provando a convincersi che nel grande «buco nero dell'abisso» non c'è niente, ma proprio niente, di cui avere paura. «La morte è dolce; ci libera dalla paura della morte», scriveva Jules Renard quand'era giovane e in salute. «Una consolazione? No, è un sofisma. O piuttosto una prova supplementare che per sconfiggere la morte e i suoi terrori ci vuole ben più della logica e del ragionamento». Lo sa bene Julian Barnes, che dell'una e dell'altro ha sempre fatto ampio uso nel tentativo di esorcizzare la più atavica e insuperabile delle paure, quella della morte, senza mai riuscire ad addomesticarla. Quali armi restano, dunque, all'agnostico scrittore che, per trovare sollievo dall'idea dell'estinzione, non può neppure contare sul balsamo della fede? Be', innanzitutto ricordare che, oltre a essere la più viscerale e antica, la paura della morte è anche la più comune e condivisa. E se è vero che «ogni tanatofobo ha bisogno del conforto temporaneo di un caso più grave del proprio», guardarsi intorno può aiutare. Julian comincia dal suo entourage piú immediato, la famiglia di sangue - suo padre, un professore «amabile e tollerante», sua madre, anche lei insegnante, ma «lucida, categorica, apertamente intollerante delle opinioni contrarie», e suo fratello maggiore Jonathan, filosofo aristotelico, ateo, asciuttamente pragmatico - trovandoli tutti più bravi di lui in «questa cosa del morire». Allarga quindi lo sguardo ai compagni quotidiani della sua vita, la sua «vera famiglia»: artisti, filosofi, compositori e soprattutto scrittori, in primo luogo Jules Renard, di cui ripercorre la breve esistenza segnata da lutti prematuri, ma anche Émile Zola, Stendhal, Somerset Maugham, l'amato Flaubert. Le loro risposte all'ineluttabilità della fine si affiancano, in questo semi-dolente excursus, a riflessioni sull'estasi estetica e la religione dell'arte, "le réveil mortel" e l'inaffidabilità della memoria, Richard Dawkins e i geni egoisti, le ultime parole e i vari tipi di paura, la criopreservazione e la distruzione del pianeta. Ne nasce una sorta di vasta «tanatoenciclopedia» con cui il Julian Barnes scrittore, complice una buona dose di umorismo, dimostra di aver saputo trovare, dopotutto, nella penna la via per la propria sopravvivenza.
Dostoevskij
Alla fine il corso su Dostoevskij si farà: l’università milanese Bicocca ha deciso in mattinata di fare dietrofront sulla decisione presa e comunicata nelle scorse ore allo scrittore Paolo Nori di cancellare il suo corso sullo scrittore russo. Una decisione che lo stesso Nori, trattenendo le lacrime a stento, aveva comunicato in diretta nella sera del primo marzo leggendo la mail ricevuta nelle ore scorse da parte dell’università Bicocca di Milano, dove dal prossimo mercoledì avrebbe dovuto tenere un corso in quattro lezioni – «gratuite e aperte a tutti» – sullo scrittore russo Fëdor Michajlovič Dostoevskij, su cui Nori ha pubblicato nel 2021 l’ultimo suo libro, “Sanguina ancora. L'incredibile vita di Fëdor M. Dostoevskij”. «Sono arrivato a casa e ho aperto il pc e ho visto una mail che arrivava dalla Bicocca. Diceva “Caro professore, stamattina il prorettore alla didattica mi ha comunicato la decisione presa con la rettrice dì rimandare il percorso su Dostoevskij. Lo scopo è quello dì evitare ogni forma dì polemica soprattutto interna in quanto momento dì forte tensione”», annuncia Nori in una diretta video su Instagram.
Paolo Nori e la cancellazione del suo corso alla Bicocca su Dostoevskij, il suo annuncio su Instagram
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