Poeta e drammaturgo croato, Radovan Ivisic (1921-2010) è
riuscito ad essere messo al bando sia sotto l'occupazione nazista che
sotto il regime stalinista. Nel 1942 le sue opere vennero infatti
sequestrate dai nazionalisti ustascià, che lo definirono «apostolo
dell'arte degenerata», mentre nel 1945 i cantori del realismo socialista
gli chiusero per trent'anni le porte di ogni teatro: «Se i fascisti
hanno reso palese la mia proibizione, i comunisti sono stati molto più
abili, riuscendo per la maggior parte del tempo a proibire senza
proibire». Nel 1954 Ivsic emigra in Francia, dove si unisce ai
surrealisti. Allergico a premi e riconoscimenti, rimarrà sempre convinto
che per via della sua essenza libertaria «la poesia si scrive con
l'alfabeto dei vagabondi». Mavena è la sua opera d'esordio, pubblicata in tiratura limitata nel 1940.
Né sì né no: è intera.
Una barca: è sufficiente affinché lei taccia.
I pesci vengono a lei come il sogno.
Immerge le braccia nell’acqua per addormentarsi.
Quando si sveglia, piccole goccie cadono dalle sue dita, ridono sul suolo: sono i suoi occhi, sono tutti i colori.
È per questo che di fronte agli uccelli si chiude nella paura.
Tre prati verdi ti aspettano con impazienza nel suo corpo.
Non appena desidera trovarsi da qualche parte, le sue mani sono già là.
Nasconde il vento nelle onde.
Si domanda perché dovrebbe scorrere tra le dita come la sabbia, giacché è bella anche senza camminare sul suo respiro.
Se la accarezzi, lei scorrerà tra le tue dita come la sabbia.
Adesso capisci perché amo tanto la sabbia?
Non ha nemmeno bisogno di stare zitta per dire tutto.
Non sa cosa desidera quando guarda attraverso le lunghe fronde dei cervi.
Se tu sapessi…
Sul suo labbro il giorno si perde nella notte.
Non si volterà.
Le felci.
Quando ha sete, non sveglia mai l’acqua.
Il silenzio sul limitare della foresta impaurita.
È lei che guarda le stelle o sono le stelle che guardano lei? È questo che la turba.
Respira.
Dorme.
Ascolta.
Quel che sente in una conchiglia non le basta.
È in una cala.
Dell’ombra feroce.
Quel che sembra confessarmi e quel che mi confida: se chiudi gli occhi, chiudili veramente e apriti.
Non guardare prima di vedere.
Dimentica che dimentichi.
Dei ricordi, lei conserva solo i colori. Non ha mai nascosto altro.
Quando solleva una palpebra, le farfalle sbocciano sull’acqua, i bruchi rossi coprono la foresta.
Ma quando s'alza l’altra palpebra…
Il suo sorriso allontana i fiori. Sa cosa hanno dimenticato i fiori.
Sola, non sarà mai del tutto nuda.
Chi è lei?