mercoledì 19 marzo 2014

Atta Troll!


Povere creature che potreste vivere tanto felici soltanto a modo vostro e che invece dovete ballare al suono della musica di questi pedagoghi di orsi e produrvi in capriole artistiche che non vi verrebbe mai in mente di fare! E non vi ribellate mai, sebbene vi si intenda sempre in modo diverso da come vorreste voi. No, voi ripetete sempre meccanicamente a voi stessi la domanda che avete sentito porre: «A che cosa sono chiamato? Che cosa devo fare?». Basta che vi poniate queste domande e vi farete dire e ordinare ciò che dovete fare, vi farete prescrivere la vostra vocazione oppure ve la ordinerete ed imporrete voi stessi secondo le direttive dello spirito. Ciò comporta, per quel che riguarda la volontà, questo atteggiamento: io voglio ciò che devo.
Un uomo non è «chiamato» a nulla e non ha nessun «compito», nessuna «vocazione», così come una pianta o un fiore non hanno una «missione». Il fiore non svolge la sua missione di perfezionarsi, ma impiega tutte le sue forze a godere e a consumare il mondo meglio che può, cioè assorbe tanti succhi della terra, tanta aria dell’etere, tanta luce del sole quanta è in grado di riceverne e di contenerne. L’uccello non vive secondo una missione, ma usa le sue forze quanto può: va a caccia d’insetti e canta come vuole. Ma le forze del fiore e dell’uccello sono assai scarse in confronto a quelle dell’uomo e ben più potenti sono gli interventi nel mondo da parte di un uomo che adopera le proprie forze rispetto a quelli di un fiore o di un animale. Egli non ha una vocazione, bensì forze che si esprimono là dove sono, perché il loro modo di essere consiste unicamente nel loro esternarsi ed esse non possono mai restare inoperose, così come la vita stessa che, se si «fermasse» anche solo un secondo, non sarebbe più vita.


Max Stirner, L’unico e la sua proprietà 



                 
                    
                   

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