"Sento con urgenza la necessità di sottrarre il paesaggio alla visione pacificata e tranquillizzante che spesso prevale nelle narrazioni e che lo riconduce a un inutile, polveroso e ingombrante cliché, quello secondo cui il paesaggio sia necessariamente bello-buono-e-giusto, uno scrigno di virtù e valori positivi, che curi le nostre nevrosi e ponga riparo ai mali del nostro corpo e del nostro spirito. Trovo che questa ossessione per la santità paesaggistica spesso mortifichi e depotenzi il paesaggio, non riconoscendo il valore che emana dai suoi aspetti irrisolti, dalle contraddizioni, dalle anomalie, dalle difformità, e lo riduca a una sorta di digestivo postprandiale contro il logorio della vita moderna, un sedativo o un analgesico che intorpidisce il pensiero, attenua la sensibilità e l’immaginazione. Per questo amo pensare al paesaggio come a un mostro, ma non nell’accezione negativa che spesso si associa a questo termine, quanto perché i mostri sono creature ibride, sono l’incarnazione del doppio "
da "Minima&Moralia" che ringraziamo
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