" Quando la nostra comitiva rimise piede in città, questa ci parve, o parve a me, diversa. L' assenza del grande Romano ( non Giovanni o Pio o Benedetto, ma Lui, impersonalmente e sovranamente), quella assenza, stata dianzi un'idea,diveniva una misurabile lacuna, aperta nelle cose, più che fra gli uomini. E le cose la subivano disfacendosi. La tinta gialla dei "casamenti ", là dietro la chiesa di Costantini, aveva preso uno squallore noto, e senza compenso. Sotto l'asfalto screpolato o disciolto, per le strade, rispuntavano sconnesse le piccole selci consunte.Polvere nelle vetrine e sui davanzali, negli sporti delle facciate, polvere e stanchezza di tanti anni addensati e inutili. La città cessava di essere antica, era vecchia, per la prima volta. "

Guido Morselli
edizioni Adelphi
1974
da " Il celibato ..... a ingegnere
Siemens "
Tra
le profezie più conosciute, particolarmente curiosa è
la ‘Profezia dei papi’, datata intorno al 1100 e attribuita
al monaco e primate irlandese Malachia. Apocrifa per molti, e pubblicata
per la prima volta alla fine del 1500 nel libro Lignum Vitae del monaco
benedettino Arnold Wion, prevede con apparente veridicità –
ma si sa, l’interpretazione a posteriori permette di ritrovare
nel nebuloso linguaggio del vaticinio ogni possibile riscontro –
una lista di 111 papi che si sarebbero avvicendati al soglio pontificio,
ciascuno dei quali identificato non da un nome ma da un motto in latino.
Esaurita la lunga teoria di pontefici, Dio avrebbe giudicato il suo
popolo e la città dei sette colli sarebbe stata distrutta.
Per buona pace dei leghisti e degli anticlericali, va sottolineato
che secondo tale profezia l’attuale regnante Benedetto XVI parrebbe
essere il penultimo, vaticinato con il motto ‘de gloria olivae’
(i benedettini – quando si dice il caso! – sono chiamati
anche olivetani, a meno che Malachia non intendesse ‘dopo la
gloria dell’ulivo’, alludendo alla concomitante decadenza
dell’omonimo schieramento di centrosinistra). Dopo Benedetto,
un ‘Petrus romanus’ e poi il gran botto finale, di quale
portata non ci è dato sapere. Un futuro possibile. Anzi, per
taluni addirittura auspicabile dopo il gran polverone dello scorso
gennaio (1).
Tuttavia, agli scettici che non confidano nella
veridicità delle profezie, ma soprattutto a coloro i quali
sentono infiacchirsi, giorno dopo giorno, la speranza di poter vivere
in uno Stato laico, di veder rispettata la libertà di pensiero,
di poter godere di leggi libertarie che diano a tutti una possibilità
di scelta avendo ben chiara la differenza fra diritti, doveri e possibilità,
è dedicata la lettura di Roma senza papa di Guido Morselli:
profezia di tutt’altro tenore, prezioso antidoto sotto forma
di divertissement all’incombere di tempi bui.
Di Morselli si è parlato solo a posteriori poiché nonostante
la sua validità indiscussa nessun editore gli consentì,
all’epoca, di trovare spazio fra i suoi contemporanei. Solo
la pubblicazione postuma dei suoi romanzi, di brevi saggi e del suo
Diario, tutti a opera di Adelphi, ha permesso di scoprire il valore
della sua scrittura e l’originalità del suo pensiero.
Roma senza papa è un romanzo ambientato nel
futuro, un futuro per noi già passato giacché, come
il sottotitolo recita, si tratta di Cronache romane di fine secolo
ventesimo.
Volendo riassumere la trama in poco più di due parole, il narratore
è il prete svizzero don Walter, a Roma dopo trent’anni
dal suo ultimo soggiorno nell’Urbe, in attesa di essere ricevuto
da papa Giovanni XXIV. L’udienza viene di volta in volta rimandata
(“finendo di essere una corte per ridursi a una burocrazia,
la S. Sede ha perso in splendore senza guadagnare in precisione”)
e nel protrarsi del soggiorno romano lo sguardo ‘gotico’
e conservatore di don Walter ci mostra l’esilarante sconvolgimento
religioso e, come diretta conseguenza, sociale che ha investito il
centro geografico e spirituale della cristianità.
L’abilità di Morselli è quella di captare con
grande attenzione le tendenze allora emergenti sia sul piano sociale
sia su quello religioso, ed estremizzarle in un futuro – forse
troppo prossimo.
La sua cultura teologica, e la creatività con la quale è
in grado di declinarla negli anni a venire, unite all’ironia
sottile che pervade l’intero romanzo, gli permettono di creare
questa proiezione travolgente e paradossale che centrifuga il lettore
in un mondo di valori capovolti dove tutto è cambiato, a partire
dalla residenza papale, trasferita a Zagarolo.
La stesura del libro avvenne a metà degli
anni ’60, epoca in cui si concluse il Concilio Vaticano II avviato
da Giovanni XXIII nel 1959 e proseguito dal suo successore Paolo VI:
un momento di importanza estrema nella vita del mondo cattolico, in
occasione del quale la Chiesa dimostrò una inusitata apertura
verso il proprio gregge, assurto al ruolo di comprimario, e una disponibilità
nuova – e mai ripetuta – a sintonizzarsi sui cambiamenti
sociali, in un clima di rinnovamento che già vedeva, profilate
all’orizzonte, le nubi del temporale sessantottino.
Tuttavia, l’ala più conservatrice della Chiesa cattolica
accettò il Concilio obtorto collo e alcuni dei temi avversati
sono fondamentali per comprendere il punto di partenza della divertente
‘follia’ di Morselli.
L’attenuarsi di una visione ‘vaticanocentrica’ con
l’apertura alle Chiese cristiane ‘diverse’, come
quelle africane o sudamericane, il riconoscimento delle possibili
‘verità’ dichiarate dalle altre dottrine religiose,
la partecipazione attiva dei fedeli alla liturgia e, soprattutto,
l’apertura di un confronto con l’evolversi del pensiero
umano che sembrano contraddistinguere la Chiesa post-conciliare producono
nella futura Roma senza papa di Morselli, non solo una ‘protestantizzazione’
del cattolicesimo, ma addirittura un’imminente aggregazione
con il buddismo e l’evangelizzazione delle macchine pensanti,
a marchio Rand e Westinghouse. L’ateismo stesso è ormai
considerato una religione poiché “se ci sono moltissimi
atei teorici, tutti quanti siamo atei-pratici”, e anche l’università
Gregoriana, confidenzialmente chiamata dai corsisti “la Gregòria”,
ne registra almeno un terzo. A risolvere i nodi ci pensa la psicologia,
o psicopatia, per la quale la fede “è un caso particolare
della casistica studiata da Charcot o da Freud”.
Il celibato degli ecclesiastici è stato ormai
abolito e il loro nuovo status di mariti è ben visto dai fedeli
di tutta Europa, ma non del tutto in Italia, dove il canzonatorio
“fijo de prete” costituisce ancora un insulto fra i ragazzini.
Lo stesso papa è concupito da una teosofa indiana, autrice
di uno studio monumentale sul neoplatonismo e su come abbia influenzato
la mistica orientale. Ma a contenderle l’attenzione di Giovanni
XXIV c’è anche la presidentessa degli Stati Uniti, Jacqueline
Kennedy (in fondo, per la candidatura di una ex first lady, Morselli
ha solo sbagliato marito, per ovvie ragioni) che rivela i propri sentimenti
dalle pagine del Time.E se non c’è stata apertura totale sulla contraccezione
(buoni prelati, infatti, sono ritenuti quelli che vantano prole numerosa),
completa è stata invece la liberalizzazione della droga, non
solo permessa –
tanto che i monaci di St.Michel in Bretagna
iniziano i propri novizi con dosi progressive di LSD – ma addirittura
prodotta nei conventi, come quello dei Minori Osservanti di Riefenbach,
Baviera, che con i quintali di GR6 venduti, finanziano la loro clinica
per malattie nervose aperta gratuitamente ai malati. “Non discuto
– riflette don Walter – ma i bravi frati non potevano
seguitare col loro liquore al cardamomo, famoso come l’Arquebuse
dei padri Maristi?”
D’altro canto, ci porta a riflettere la Chiesa
del duemila morselliano, “le vie del Progresso coincidono con
quelle della Provvidenza, inutile e dannoso tirarsi da parte, per
poi accodarsi ultimi. […] Incanalare i fenomeni sociali, non
ignorarli o combatterli, questa è sapienza cristiana, non l’intransigenza
velleitaria. […] L’Oriente, dove l’oppio e la canapa
indiana fanno parte dell’alimentazione comune da duemila anni,
possiede pure quel profondo senso del divino che in Occidente abbiamo
perso da un pezzo […] Sarà un caso ma in Inghilterra,
con un 60 per cento della popolazione che ha sostituito il GR6 nelle
sigarette alla nicotina, c’è un diffuso revival della
fede. Il cattolicesimo ne è il primo beneficiario”.
Il papa intanto – “lo dicono agorafobo, scarso di oratoria,
timido” – rimanda le udienze, si fa sostituire alle cerimonie
e parla un pessimo italiano: lui e il suo predecessore sono stati
i primi papi stranieri. In compenso ha istituito in San Pietro, divenuto
ormai uno straordinario salone per conferenze all’interno di
un Vaticano museale, la ‘sfilata’ dell’ologramma
di Paolo VI, a beneficio dei fedeli. Non manca anche un sant’Antonio
elettronico e multilingue, ideato da un ingegnere della Siemens.
Il papa latita. Cresce così, nel lettore, la sensazione che
l’autoesilio a Zagarolo, sia in realtà l’espressione
simbolica di un distacco ben più profondo, avallato dal breve
discorso che il papa pronuncerà alla fine, durante la tanto
attesa udienza.
Ad accrescere il valore del libro, scorci di vita sociale e di politica
internazionale e nazionale che testimoniano, oggi, l’acutezza
di Morselli.
Sul piano internazionale l’Urss brucia le
tappe perché “il cattolicesimo ufficiale non ha atteso
di avere un seggio permanente all’Onu per essere una grande
potenza, e i sovietici recuperano il tempo che gli ci è voluto
per accorgersene” firmando un concordato con la Santa Sede per
strapparla all’”abbraccio mortale” degli USA, mentre
in Italia “l’iniziativa dei comunisti è in declino.
La propaganda divaga, la linea si è fatta attendistica e riformistica.
In sede parlamentare si appoggia abilmente il governo, sia contro
la scuola laica sia contro il divorzio”. L’Unità,
infatti, si dedica quasi per intero a programmare il tempo libero
dei lettori e a commentare il campionato di calcio. Proprio quest’ultimo
è il motore dell’unico afflato di rivolta sociale sfiorata
negli anni ‘70: contro il governo deciso a “deprofessionalizzare”
i calciatori e a ridurre i loro compensi del 60 per cento.
L’entrata in Europa, ha retrocesso l’Italia a ‘Sud’,
svalutando la sua economia e la sua tecnologia alla stregua di “relitti
anti-economici di un passato autarchico”, tanto che al Parlamento
europeo viene avanzata la proposta di hôtelizzazione dell’intero
Paese, perché “da voi, solo il sole!”
Ma in Italia non è certo lo spirito creativo
imprenditoriale a venire meno in tempi di congiuntura: il benessere
economico nazionale si mantiene a livelli europei grazie al “mignottismo”.
Una pratica talmente scoperta e aggressiva da costringere le autorità
a mobilitare i tutori dell’ordine a difesa dei turisti. Ma l’interrogativo
“ chi custodisce i custodi?” è storia risaputa.
“Da quando l’Italia ha chiuso altiforni e officine per
dedicarsi a quest’unica industria congeniale, il turismo si
è ingigantito[…] Si opina che le mignottelle romane siano
sovvenzionate (come i banditi sardi) dagli albergatori”.
Del resto, sparito il papa, sparite le guardie svizzere, di qualcosa
bisogna pure campare…
Per il resto, i difetti di Roma e per estensione degli italiani, non
hanno subito grandi evoluzioni, insieme al tifo dissennato regnano
ancora la sporcizia, il chiasso, la pessima manutenzione delle strade
e la bambinocrazia, e in questo l’autore non ha sbagliato un
colpo.
La visione paradossale che Roma senza papa offre
al lettore reca in sé, se non la condanna, la messa in luce
delle debolezze che potrebbero minare, come ogni potere temporale,
anche l’immenso potere ecclesiastico. Debolezze alle quali l’orientamento
degli ultimi anni, con la virata conservatrice imposta, intende porre
rimedio. Anche se, come sostiene un sorridente Giovanni XXIV, “Dio
non è prete”.
Anche in questo romanzo, Morselli conferma la sua capacità
di affrontare realtà spinose – come già ne Il
comunista o in Dramma Borghese – con la freddezza di un ricercatore,
il distacco di un analista, insofferente alle ‘verità
consolidate’. Talmente outsider da potersi permettere una visione
dissacrante e disincantata dei tabù contemporanei.