La foto non c’entra niente con oggi, è una rondine che ho sorpreso a Sant’Agata dei Goti due anni fa. La metto in omaggio all’equinozio appena trascorso, alle melodie degli uccelli tutti e a una, in particolare, che ha scoperchiato un piccolo vaso di Pandora pieno di pensieri, che riverso di seguito.
Uscendo stamattina alle sei per andare al lavoro, nella fretta delle operazioni di routine si è insinuato per pochi secondi il canto deciso di un invisibile e zelante pennuto. Probabilmente un merlo, che è tra i più virtuosi, melismatici rappresentanti dell’avifauna urbana. La sua performance ha avuto buon gioco nell’imporsi alla mia attenzione, nonostante fosse un elemento di contorno alle frenetiche e patetiche faccende umane in cui ero immerso, perché consisteva in una frase musicale molto catchy, degna di un tormentone pop: essenziale, martellante, ben definita ritmicamente e composta da due sole note. Si-Re, intervallo ascendente di terza minore, ripetuto per quattro volte sulle crome di un metro in 4:4 il cui passo era scandito a una velocita di circa 120 battiti al minuto. Mi rendo conto che, a descriverlo così, potresti non riuscire a “sentirlo”. Ti fornisco allora un indizio, un elemento che riprenderò tra poco: prova a pensare a “Somewhere Over the Rainbow”, un classico estratto dal Mago di Oz e trasmigrato più volte nel jazz, e a cantare, anche a bassa voce o nella tua testa, non il ben noto chorus ma il passo della sezione B, che esordisce dopo due ripetizioni del tema principale e recita: “Someday I’ll wish upon a star and wake up where the clouds are far behind...”. Si-Re-Si-Re-Si-Re-Si-Re. È tutto giocato su quelle due note ripetute più volte. Ed è con questa canzone che arrivo al punto.
Il fatto è che percepire distrattamente lo stimolo lirico di questo simpatico volatile mi ha dato modo di riflettere sulla nostra capacità di evocare, automaticamente e persino distrattamente, quasi inconsciamente, mondi ed entità preziose che al momento non so come altro definire se non “fantasmi pertinenti”. E non mi riferisco all’immediato richiamo ad una ben nota melodia fornito da due note esplicite e squillanti, ma all’architettura niente affatto scontata che ricostruiamo a partire da esse. È un procedimento tanto normale quanto eccezionale, che avviene in virtù dell’educazione istintiva all’armonia che il mondo sensibile offre a tutti, anche a coloro che non masticano la sintassi musicale. In quei pochi secondi di ascolto passivo, infatti, ho sovrapposto a quell’intervallo disperso nell'aria, praticamente senza accorgermene e senza intenzione, un terzo suono complementare in grado di spostare quello che si potrebbe definire l'angolo di prospettiva dell'ascolto, un suono le cui vibrazioni erano effettivamente assenti nell’ambiente, e tutto ciò grazie a un lontano condizionamento.
Mentre giravo la chiave dell’avviamento e facevo retromarcia, un angolo del mio cervello, dopo aver riconosciuto la frase del merlo come coincidente con quella resa famosa da Judy Garland, non si è accontentato di creare la connessione tra i due scampoli melodici (che è piuttosto semplice da realizzare, in realtà) ma ha prodotto un miracolo che sta un passo oltre. Rievocando quel passo di canzone, infatti, la mente ha automaticamente sovrapposto a ciò che era effettivamente udibile la tonica, ovvero la nota fondamentale dell’intera tonalità del brano, della quale le note intonate dal merlo sono satelliti. In questo caso è un Sol, che va a comporre con la ripetizione insistita dei primi due suoni, una limpida e rassicurante triade maggiore, Sol-Si-Re. Ecco che non è più solo una terza minore, ma due terze sovrapposte. La prima maggiore, Sol-Si, e la seconda minore, Si-Re. Insieme costituiscono la “nuce” del più stabile degli accordi. Ormai è fatta. Da qui in poi, la mente si imposta automaticamente sulla scala maggiore di Sol, sulla quale è costruito il brano e la cui sonorità, inespressa fisicamente, finisce col tracimare nel pensiero e riempirlo. È stata creata una profondità aggiuntiva, una dimensione espansa. Fidati quando ti dico che non serve aver studiato musica per innescare questo processo: a sperimentarlo sono, se non posso osare dire tutti, davvero in molti.
Sol, quindi, non c’è. Però c’è. Nessuno lo ha pronunciato ma è il “fantasma pertinente”, una sorta di convitato di pietra, di forza gravitazionale che si manifesta come uno spettro, ma solo in presenza della consapevolezza, da parte del soggetto che ascolta, del legame tra questa cellula minima del merlo e quel brano musicale di Hollywood. Mancando questa consapevolezza, questo scatto, la percezione della profondità armonica è totalmente differente. In quel caso, nel nostro cervello risuonano solamente Si e Re, e quando ascoltiamo una spoglia successione di due note, senza essere influenzati da altri condizionamenti, siamo portati istintivamente a identificare il suono più grave come fondamentale e quello più acuto come suo satellite, e ricostruiamo gli altri gradi di una possibile armonia attorno al primo. Se, quindi, Over the Rainbow non si fosse insinuato nella mia memoria, se avessi avuto in me il vuoto più totale e fossi stato esposto alla sola e cruda luce dell’intervallo propinatomi dal merlo, avrei accolto dentro di me non più la sonorità della scala maggiore di Sol, bensì quella di una qualunque scala in Si, contenente al suo interno la terza minore Re. Niente di male o di peggiore. Sarebbe comunque stata una fioritura del pensiero. Ma l’infiorescenza sbocciata dal sopravvenire di uno spirito generato dalla memoria, dalla sensibilità agli stimoli dell’armonia, fa apparire il tutto, se ci si sofferma davvero a pensare, come la prova che gli universi immateriali che creiamo anche solo infilandoci di corsa in macchina per andare al lavoro alle sei del mattino, non sono meno vasti e rimarchevoli di tutte le frequenze emanate dalle pulsar e dalle galassie che popolano il cosmo, e di tutte le altre forme di energia. Io direi di non essere superbi, ma nemmeno di sentirci troppo piccoli. Finché ci sono orecchie che ascoltano, l’universo contempla se stesso. Aiutamolo, in questo. E, pertanto, aiutiamoci.
(Breve nota puntigliosa: la tonalità di Over the Rainbow sarebbe, in realtà, La bemolle maggiore. Ma fare l'esempio in Sol veniva più semplice)