martedì 23 agosto 2016

VIAGGIO AMERICANO, Fernanda Pivano


Loro passaporto era una bella poesia, loro credo era la speranza in un mondo privo di guerre, loro sostegno era l’energia vitale, loro metro di giudizio era la creatività, loro programma era la fine delle dittature. […] A fare da guida, da stimolo, da speranza era il fantasma inafferrabile della libertà.

 Naturalmente [i beat] erano degli outcasts, dei fuorilegge esiliati in una cultura ostile, artisti respinti che scrivevano solo per sé, nella realtà circostante delle esplosioni nucleari, del condizionamento esercitato dai media, della sopraffazione di una tecnologia imperante, dell’isterismo anticomunista.




Jack Kerouac gli chiese perché in quelle pagine avesse descritto tanti ragazzi impiccati nelle cantine. “Non lo so”, rispose [Borroughs]. “Ricevo questi messaggi da altri pianeti. Sto liberandomi della mia educazione. È una catarsi, dico le cose più orribili che riesco a immaginare.”

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