Loro passaporto era una bella poesia, loro credo era la
speranza in un mondo privo di guerre, loro sostegno era l’energia
vitale, loro metro di giudizio era la creatività, loro programma era la
fine delle dittature. […] A fare da guida, da stimolo, da speranza era
il fantasma inafferrabile della libertà.
Naturalmente [i beat] erano degli outcasts, dei
fuorilegge esiliati in una cultura ostile, artisti respinti che
scrivevano solo per sé, nella realtà circostante delle esplosioni
nucleari, del condizionamento esercitato dai media, della sopraffazione
di una tecnologia imperante, dell’isterismo anticomunista.
Jack Kerouac gli chiese perché in quelle pagine avesse
descritto tanti ragazzi impiccati nelle cantine. “Non lo so”, rispose
[Borroughs]. “Ricevo questi messaggi da altri pianeti. Sto liberandomi
della mia educazione. È una catarsi, dico le cose più orribili che
riesco a immaginare.”
Nessun commento:
Posta un commento