«Di tutte le azioni, quelle secondo un fine vengono capite meno di
tutte, poiché esse sono state sempre considerate come le più
comprensibili e, per la nostra coscienza, sono la cosa più quotidiana
che vi sia. I grandi problemi se ne stanno sulla strada».
(F. Nietzsche, Aurora, II, 127)
Introduzione
Nessun libro come questo ha forse meno bisogno di una introduzione. Si
presenta da solo, come ogni libro maledetto che si rispetti. Ne consegue
che molti, se non proprio tutti, prima di prenderlo in mano, oppure
dopo averlo letto anche più volte con supponenza, credono di sapere la
potenziale dirompenza contenuta nelle sue pagine. Non è così. E non è
nemmeno questione di capire quello che Stirner dice, entrando fra la
spesso non facile tecnica di datate discussioni filosofiche. Piuttosto
si tratta di quello che uno intende fare della propria vita.
Ebbene, può un libro avere a che fare con la vita di chi lo legge? Quasi
sempre no, rarissimamente sì. L’“unico” è uno dei pochi casi in cui
questa affermazione assume le caratteristiche di un estremo
coinvolgimento. O questo c’è, penetrando fino in fondo, fino alle
lacrime, nelle nostre miserie quotidiane, oppure è bene che riponiamo il
libro nello scaffale da cui lo abbia improvvidamente prelevato.
Pochi altri libri hanno questa carica distruttiva da cui – più o meno –
tutti dobbiamo difenderci se non vogliamo mettere a soqquadro le nostre
regole e i nostri soliloqui quotidiani, conforti per moribondi quasi
sempre. Se accettiamo la sfida, allora è un altro discorso.
Naturalmente abbiamo un’altra soluzione, quella di tornare indietro, e
qualche volta la cosa è accaduta anche ad infuocati stirneriani di lungo
corso, che si erano sentiti torcere le budella per tanti anni, fin da
quando la loro barba stentava a presentarsi sulle guance mai rasate.
Pochezza dell’animo umano. No. Direi, naturale svolgimento degli
equivoci e delle esperienze che impregnano la vita come uno straccio da
rigovernatura.
Se Stirner ci dice qualcosa, e la dice fuori dei denti, al di là di
qualsiasi biforcuta formulazione filosofica, riguarda l’unicità della
nostra vita, il modo in cui possiamo costruirla, fornirla di
connotazioni qualitativamente significative, evitando di trasformarla in
una serie di acquisizioni e di possessi che ci fanno morire a poco a
poco senza darci molto in cambio.
Quella “proprietà” che costituisce l’“unico” è proprio la sua esperienza
qualitativa. Qui si sono smarrite tante coscienze rivoluzionarie,
partite col piede giusto, con le letture ortodossamente fondate delle
tesi di Stirner, ed atterrate col piede sbagliato nel territorio
dell’assommazione dove tutte le vacche sono grigie nel far della sera.
Perché? Facile la risposta. Perché i risultati immediati, quelli
tangibili, quelli imposti dal buonsenso dilagante, della misurazione in
centimetri dell’andare avanti, se non in millimetri, si impongono e
fanno perdere il senso del ridicolo che, in fondo, dovrebbe potersi
ricavare dalle tante battute umoristiche che lo stesso Stirner dedica
agli spettri e ai fantasmi del suo tempo. Simili ectoplasmi non è che
poi siano tanto diversi ai nostri giorni, è sempre la solita melma, il
solito imbroglio “politico”.
Ma che c’entra la politica con chi pensa di essere rivoluzionario?
Lasciamo da parte Stirner – consentitecelo solo per un momento – anche
chi non lo digerisce non per questo è un miope accumulatore di consensi e
di collezioni di figurine e pupazzetti, può benissimo essere un
rivoluzionario con altre idee, quali resta da vedere, comunque diamole
per buone almeno per quel momento di sospensione che ci siamo concessi.
Non siamo ancora al di là delle colonne d’Ercole della politica, siamo
al di qua. Possiamo fare progetti sbagliati, ma che restano
rivoluzionari perché sono nostri progetti e non prevedono né l’avallo né
la condiscendenza di forze che della politica hanno fatto la loro
stessa ragione di esistere. Andando oltre, la melma rende l’atmosfera
irrespirabile. In altri termini, sembra che si vada avanti, verso la
costruzione di un movimento che riesce a contrastare il nemico, ma tutto
si risolve in un balletto di comparse che gridano forte solo per farsi
sentire prima di tutti da loro stesse, per dichiarare la propria
esistenza in vita.
Stirner e il suo libro sono lontani da tutto ciò. Mantengono una
dirittura e una scelta che non ammettono cedimenti. Per questo si sono
attirati, nel corso del tempo, gli strali di tutti coloro che li hanno
visti come sovvertitori di ogni tipo di ordine costituito, perfino di
quell’ordine logico che è la base di tutti gli altri.
Che me ne faccio della logica, sia pure di quella stirneriana, afflitta,
per non dire altro, da una certa tabe dialettica, se poi non sono
capace di giocarmi la vita e tiro al risparmio allo scopo di
tesaurizzare quella crescita quantitativa che dovrebbe condurre il
movimento rivoluzionario alla distruzione del nemico, a poco a poco, a
piccoli passettini, mostrando muscoli e petti gonfi che ormai fanno solo
sorridere.
In effetti, è che la melma politica, una volta che ci si mette il piede
sopra, è come le sabbie mobili, ti tira giù e non si riesce facilmente a
cavarsene fuori.
O, forse, il paragone non è azzeccato. Molti vivono questa soffusa
bambagia in cui si sono andati a cacciare come una coltre di
riconoscimenti che giustifica e regge il proprio comportamento. Che
importa che a riconoscerci siano forze ben piantate nel terreno
politico? Sempre di un riconoscimento si tratta. Trovarsi a tu per tu
con il nulla non è piacevole per nessuno, nemmeno per i tanti sapienti
frequentatori di sofismi filosofici di stampo più o meno
giovane-hegeliano.
L’“unico”, se vogliamo, dice una sola cosa, ma la dice bene e fino in
fondo. La responsabilità dell’esistenza dello sfruttatore è dello
sfruttato. Se questo vuole veramente sbarazzarsi del padrone che
tiranneggia – come di ogni manutengolo che serve il tiranno anche sotto
le spoglie di un feroce rivoluzionario – non ha che farlo e basta, stare
a chiacchierare a lungo su questo argomento è una presa in giro.
Che ogni compagno si renda conto di questa verità e che ci rifletta sopra. Il senso dell’“unico” sta tutto qui.
Pubblichiamo la terza edizione di quest’opera convinti di mettere a
disposizione dei compagni uno strumento di liberazione, non solo un
certo numero di fogli di carta stampati più o meno bene.
Con buona pace di chi ha pensato che accanto alla selvaggia solitudine
di Stirner ci potesse stare una qualche cattiva compagnia.
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