sabato 31 dicembre 2011

sei shonagon

D'inverno,il primo mattino: bellissimo , inutile dirlo , quando cade la neve. Bello è anche il candore della brina : oppure , oltre a questo , riattizzare il fuoco rapidamente , quando il freddo è più intenso ,  e attraversare le sale portando il carbone. E'  anche piacevole verso mezzogiorno , quando l'ambiente si è intiepidito , vedere il fuoco del braciere , non più alimentato , ridursi a bianca cenere.



                                          

ROBERTO BOLANO


martedì 20 dicembre 2011

BESTSELLERS

I BESTSELLERS SONO LIBRI CHE TUTTI REGALANO A NATALE E CHE A SANTO STEFANO TUTTI RIPORTANO IN LIBRERIA PER AVERE IN CAMBIO QUALCOSA DI BUONO DA LEGGERE

giovedì 15 dicembre 2011

I libri, gli album, i gazzettieri


Scuote l'onda nera dei capelli che gli nasconde quell'occhio. 
Fruga tra i fogli sporchi o intatti, mettendo in pericolo una pila di libri in bilico sull'angolo del tavolo, 
I Sonetti di Shakespeare, San Giovanni della Croce, Don Chisciotte, Gongora.
Poi tira fuori un grosso album, lo apre, ed è singolare che l'album sia bello e nuovo, con tutti i ritagli delle recensioni ai suoi film  ordinati cronologicamente, conservati sotto il cellophane ... 


I Registi? Perchè, esiste il cinema? 


di Oreste Del Buono 


da Carmelo Bene Contro il cinema

Gli autori, gli articoli e Kant


... Sfoglia l'album. "Il titolo della recensione dice: Anche il cinema demenziale ha scoperto Venezia. Lo so che l'atore del pezzo non è quasi mai responsabile del titolo . Ma andiamo avanti, senta: Dopo il cionema impressionista, il neorealismo, la Nouvelle Vague, ecco il cinema informale, disordinato e confuso, in quanto difficile d catalogarsi e accettarsi... Dico, ma è possibile scivere così? E Kant, Gianluigi Rondi lo ha mai letto, Kant?" ... 

I Registi? Perchè, esiste il cinema?

di Oreste Del Buono

da Carmelo Bene Contro il cinema

MY DEAR,

MY  DEAR ,
               LEI E' RIUSCITA A FARMI TRASALIRE.
DI EMMANUEL LE ROY LADURIE SI DANNO GRADEVOLI EDIZIONI  DI " STORIA DI UN PAESE :MONTAILLOU ".
 SONO PERO' COSTRETTO AD AMMETTERE che ... "LA STREGA DI JASMIN" è VERAMENTE,VERAMENTE UN DOLCE BISCOTTINO AL RUM PER IL MIO INCONTENIBILE PALATO.
 POSSIAMO APRIRE UNA TRATTATIVA ?
                              QUASI SUO
                                               
                                                                   RICKGEKOSKI ( LIBRI RARI)

mercoledì 14 dicembre 2011

martedì 13 dicembre 2011

LO SCRITTORE LEALE

"PER UN ATTIMO,SENTO DI APPARTENERE A UN GRUPPO NON ABBASTANZA NUMEROSO DA RAPPRESENTARE UN CAMPIONE STATISTICAMENTE SIGNIFICATIVO,MA NEPPURE TANTO RISTRETTO QUANTO IL PROPRIO IO INDIFESO.
E' UN GRUPPO FORMATO DA DUE INDIVIDUI, LO SCRITTORE LEALE E IL LETTORE FIDUCIOSO. "

                          da  " COME STARE SOLI "   JONATHAN FRANZEN
                           EINAUDI 2011

sabato 10 dicembre 2011

THERESE, UNA LIBRERIA


Librai dentro e fuori
di Davide Ferraris , Davide Ruffinengo

Vi presentiamo due librai speciali, che abbiamo conosciuto di persona ques’anno al Salone del Libro di Torino, perché ci hanno aiutato col nostro stand. Uno è il responsabile della libreria Therese di Torino, l’altro è l’ideatore di una libreria a domicilio, Profumi per la mente, itinerante e senza precedenti. Ascoltiamo le loro storie.

Storia di Therese vista da dentro. Davide Ferraris, il libraio tradizionale.

«No signora, non sono ricco di famiglia, questo è proprio il mio lavoro!»
«Si, penso che una libreria in Vanchiglietta fosse proprio quello di cui il quartiere aveva bisogno»
«È vero, qui non c’è mai stata una libreria. Si, forse c’è un motivo, ma se non proviamo non lo scopriremo mai»
E poi ancora «non prestiamo i libri«, «le sigarette le trova dal tabaccaio qui di fronte«, «non abbiamo carta da pacchi».

Questa cosa del vendere libri suscita diverse reazioni: da chi ha una sincera preoccupazione per la tua sopravvivenza a chi proprio non si spiega cosa ti sia venuto in mente di fare, che Vanchiglietta non è certo il posto adatto per questo genere di cose.
Eppure io non ci ho mai visto nulla di stravagante. A vent’anni mi guadagnavo qualche soldo facendo i pacchetti in una piccola libreria del mio quartiere, a 27 ne gestivo un’altra, in un altro quartiere, a 32 inorridivo al trovare le Lettere luterane nel settore religione di una grande libreria di catena: così, una volta messo a posto Pasolini, ho pensato che ora toccava trovare un posto anche a me, perché li davvero non ci potevo stare.
Ed è nata Therese, prosecuzione naturale della mia esperienza, aperta a Giugno 2007 e dedicata a un personaggio della letteratura che ho amato visceralmente: su questo dirò solo che qualunque sia la Therese che intende chi entra in negozio, per me va bene, non sono geloso.
Therese è piccola, credo accogliente, incastrata tra la Mole e Superga e vende i libri che scelgo, non uno di più non uno di meno; certo, deve sopravvivere, così capita di trovarci il Papa, Vespa e Dan Brown, ma le storie che amo proporre non guardano classifiche, editori importanti o mostri sacri.
Mi sento, in una parola, indipendente.

«Mi da un consiglio?» «Certo, mi dica un libro che le è piaciuto tantissimo».
Comincia sempre così. Si parla da Therese, e si racconta. Lo faccio io che ho imparato a fare il libraio in questo modo e non saprei farlo diversamente e lo fanno i clienti, forse per contagio, o forse perché i propri incontri è bello condividerli.
Dev’essere per questo che un pomeriggio è entrato Davide Ruffinengo.
Un libraio itinerante nella mia testa è qualcuno che gira mercati con la sua bancarella: «ah, un ambulante!» ho detto io, il suo viso si è fatto viola e ho capito che la mia definizione non doveva essergli piaciuta tanto. Poi abbiamo cominciato a raccontarci e da quel pomeriggio non ci siamo più separati: la mia libreria è diventata la nostra, il suo progetto il nostro.
Mi ha insegnato a fidarmi della voce, a portare fuori quelle storie che mi era così facile raccontare tra le mura di casa mia ma che faticavano a uscirne, ha vinto la mia naturale timidezza.
Ora salgo sulla book car ogni volta che qualcuno vuole un consiglio di lettura, i primi minuti sono i più difficili, quelli in cui le remore tornano a farsi vive poi mi sciolgo, guidato dal nostro sogno comune, quello di promuovere la lettura, prima di tutto come piacere, irrinunciabile.
In 15 anni tra i libri ho cambiato lavoro molte volte, ho percorso alcune delle migliaia di chilometri che il mio socio macina ogni giorno e ho capito che la nostra non è una professione, è un mestiere: si fa con le mani, che portano scatole, con la pancia, che vomita storie e con le gambe, che servono a camminare.


La storia di Profumi per la mente si guarda da fuori. Davide Ruffinengo, il libraio itinerante.

Come direbbe l’amico Cormac Mc Gill Leggere storie è curare il tempo, a piccoli sorsi.
Così ho riscattato il mio tempo, leggendo. La mia scelta non ha alcun legame con la passione: vivere di libri è qualcosa che si avvicina alla necessità.
Profumi per la Mente nasce ad Asti in quella torrida estate del 2003.
Il primo riscatto fu realizzare un disegno impossibile. In quel periodo le banche investirono del denaro per comunicare a noi giovani quanto credessero nelle nostre idee. La realtà ridimensiona il sogno e così seduto in quell’ufficio al mio dettagliato progetto si sovrappose una perizia asseverata della casa sul Gargano ereditata dai miei genitori. La vista sul mare non fu sufficiente.
Capii subito che questo è un paese che offre formazione agli eroi: per costruire qualcosa devi essere un paladino della motivazione e il tuo sogno deve essere ragione di vita. Altrimenti non ce la fai.
Nella cantina letteraria di via Brofferio passarono tre anni di rara intensità: le tante presentazioni con gli scrittori, le favole, le mostre di Tino Stefanoni, Daniele Fissore e la Cracking Art, le letture ad alta voce con degustazione di barolo chinato.
Primavera 2006: dopo mille giorni passati in libreria senza soluzione di continuità una riflessione si presentò sulla mia scrivania. Il bottino più sostanzioso dell’esperienza astigiana non era certo il denaro; il margine di guadagno e il coefficiente di difficoltà rendono questo mestiere una missione laica.
Il vero patrimonio sono state le relazioni con le persone, l’affetto e la disarmante partecipazione al progetto. E così aprii un cantiere creativo: studiai lo strano mercato dei libri determinato da un’offerta straripante che non considera l’inappetenza dei suoi interlocutori e osservai con attenzione i miei faticosi tentativi per avvicinare i lettori.
Analizzai i limiti demografici e logistici di un territorio provinciale e la relativa mentalità; compresi che le persone hanno poco tempo per la libreria e che molti neanche ci pensano a dialogare con un libraio.
Con la complicità di un carattere movimentato decisi che bastava fare il contrario: invece di aspettare i lettori nel tradizionale negozio, avrei portato fuori la libreria e quel dialogo sui libri.
Anche la libreria itinerante è una storia di riscatto.
È stato difficile spiegare cosa intendessi per libraio a domicilio, è stato faticoso comunicare l’obiettivo di portare i libri dove non ci sono. L’idea ha preso forma rapidamente. E’ piaciuta. Incontrare uno scrittore in una casa di campagna mentre ti cucina la panissa, giocare a pallone con la nazionale scrittori in un piccolo borgo dell’astigiano, parlare di libri nel proprio ufficio in pausa pranzo, simulare una libreria virtuale su Primaradio, raccontare favole ai bambini e aneddoti librari a domicilio e sempre su appuntamento, mai a sorpresa.
Vendere libri è un compito arduo ma credo che la letteratura sia l’arte del possibile ( come scrive Bjorn Larsson in Otto personaggi in cerca (con autore) edito da Iperborea).
Un giorno quest’arte del possibile diventò realtà: organizzavo una piccola rassegna con Duccio Demetrio, Marco Malvaldi e Simone Perotti, siccome nessuno di loro è piemontese pensai di coinvolgere dei colleghi per trasformare una presentazione in un piccolo tour. Ne parlai con la giornalista Silvia G. - per lei un grazie permanente - che mi consigliò una nuova libreria in corso Belgio, enfatizzando la gentilezza del libraio.
Composi lo 011882631. Dopo poco mi ritrovai a leggere una frase appesa in libreria: Che se ne fa di tutti quei libri ? Come se potesse leggerli tutti in una volta... e sentii un alto tasso di letteratura, la sensazione che in quel luogo si leggesse per necessità e non per passione.
Incontrai così Thérèse, Davide Ferraris e la loro unicità. Scoprimmo di avere in comune il mestiere, l’esigenza di conoscere nuove storie, il nome, il 1975 e un secondo cuore, granata, cucito sul petto.
L’incontro con Thérèse è stato un nuovo riscatto, il tempo in cui la cicatrice diventa forza, coraggio e voglia di ricominciare ancora.
Come nelle favole Profumi per la Mente ha trovato una casa. Per osmosi il libraio stanziale ogni tanto esce dalla libreria tradizionale: Il libraio suona sempre due volte è il nostro modo di portare in giro le storie che ci piacciono, la voce dei librai e la battaglia dei librai indipendenti, consapevoli che - come diceva Morley – Quando si vende un libro a una persona, gli si vende un’intera nuova vita.

Dentro e fuori: al Salone del Libro di Torino.

Le luci fredde dei neon e un brusio costante ci accompagnano fin nelle nostre case, la notte, dopo aver passato intere giornate coi «minimi» ad occuparci del loro stand al salone del libro di Torino.
Stanchi e ancora intontiti pensiamo a Cassini, Di Gennaro e Grazioli che imprecano e non riescono a montare le gambe di un tavolo, loro che partendo da un fax hanno costruito una casa editrice col fai da te rivelano qualche limite.
Cento e più autori che intorno allo stand si ritrovano come in una casa che può accoglierli tutti, se non nel loro catalogo almeno nelle loro stanze, a confrontarsi su un articolo di giornale.
E gente, tanta gente che in queste pagine ha trovato una comunione con se stessa e per questo li viene a conoscere o semplicemente a ringraziare.
Infine noi, che per la prima volta ci sentiamo un piccolo ingranaggio di qualcosa di più grande: apriamo scatole, facciamo pacchetti, sistemiamo ossessivamente i banchi col terzo Davide della comitiva, libraio in Roma, di famiglia verrebbe da dire. Gestiamo uno spazio che per molti significa qualcosa più di un banco ad una fiera, e realizziamo che fare un salone è fatica ma farlo con loro è fatica ripagata, diventa esperienza.
Cerchiamo di chiudere le palpebre, ma non stasera. Stasera, gli occhi sbarrati, pensiamo a Voi e a un modo che ci faccia tornare ancora, e ancora, ancora, ancora.

MINIMUM CARTA D’IDENTITÀ • LIBRERIE AMICHE

NOME LIBRERIA • Libreria Therese e Libreria itinerante Profumi per la mente
CITTÀ • Torino
INDIRIZZO • C.so Belgio 49 bis\a
INDIRIZZO E-MAIL • info@libreriatherese.it; libreriaprofumiperlamente@gmail.com;
SITO INTERNET • www.libreriatherese.it; www.profumiperlamente.net
ANNO DI FONDAZIONE • 2003/2007
TITOLARE • Davide Ferraris e Davide Ruffinengo
N° TITOLI PRESENTI IN LIBRERIA • 11000 circa
SPECIALIZZAZIONE • Narrativa per adulti e regazzi
ORARIO DI APERTURA • 9-12,30 15-19,30 lunedì mattina chiuso

da: http://www.minimumfax.com/libri/magazine/354/5

venerdì 9 dicembre 2011

Ai contestatori di Montichiari


Se il mondo fosse la visione che ne abbiamo
       e non quella che il mondo ha di noi
             saremmo forse più riservati

    Carmelo Bene, Credito Italiano Verdi


giovedì 8 dicembre 2011

libreriaponchielli chiama

COSTRUIAMO INSIEME L'IDENTIKIT DEL PRESUNTO LETTORE 2011 DEDUCENDOLO DALLE CLASSIFICHE DI "TUTTOLIBRI" , INSERTO DEL QUOTIDIANO "LA STAMPA".
(che ne è della Torino colta e calvinista...)

mercoledì 7 dicembre 2011


Care tutte, domenica 11 dicembre alle ore 17, appuntamento ai giardini di piazza Roma per un 'flash mob' che prevede l'uso dei vasetti decorati e dotati di candelina, di cui già avevamo detto, che verrebbero messi sul prato a formare la parola ADESSO. Ci sarà uno stendardo con il simbolo del movimento SNOQ e il nostro nome 'oltre lo specchio ( CR )' Alleghiamo il testo
del volantino espressamente formulato dal coordinamento nazionale al quale aderiamo e che verrà utilizzato nell'occasione.
La vostra presenza è insostituibile, e ripetiamo: insostituibile.
Incontro domenica mattina ore 10,30 casa Grasselli ( di fianco cinema Filo) per ultima raccolta vasi e per coordinare l'evento.
Alleghiamo foto lumini ( come dovrebbe venire il flash mob) e testo volantino. Se non riuscite ad aprire il documento andate sul sito nazionale e leggetelo lì.
Ave e Olivia

martedì 6 dicembre 2011

a EGAP


Chiudiamo un occhio su delle camorre dei pittori. 
Chiudiamo le palpebre su delle camiciette delle signore. 
Chiudiamo bottega e spariamo. 
Spariremo nella bruma con la revolverata discesa a terra. 

Amelia Rosselli, Variazioni, (1960-1961)

Nel dir diciamo e siamo detti


Il significato è un sasso in bocca al significante 

Jacques Lacan

domenica 4 dicembre 2011

liberitutti

LIBERIAMO I NANI DAI GIARDINI,
LIBERIAMO GLI ANIMALI E I CLOWN DAI CIRCHI
LIBERIAMO I LIBRI DALLE CLASSIFICHE

LA CLASSIFICA DEI LIBRI SU "TUTTOLIBRI" LA STAMPA di SABATO 3 DICEMBRE 2011



SAGGISTICA


-La versione di Vasco Rossi
-Così è la vita-De Gregorio
-Io,Ibra-Ibrahimovic
-Steve Jobs-Isaacson
-Auschwitz.Avey & Broomby
-Questo amore.Il sentimento...-Vespa
-Alla mia sinistra-Rampini
-Educazione delle fanciulle-Littizzetto
-Io sono con voi.Catechismo
-Diobò che bello! Simoncelli &


Avete letto bene : è la classifica della saggistica.
Il primo pensiero della libraia,che non ha ancora bevuto il caffè,che non ha nessuna intenzione di autocontrollarsi è  : classifica di libri ? ossimoro.Classifica tra diversi ? I libri ,babele di voci,inchiodati  in una classifica ?Coloro che ci educano alla pluralità dei significati irrigiditi in un elenco progressivo determinato dalla vendita?
 Vendita a chi,dove,in quale variante dei mondi ?
Dove sono i meravigliosi saggi che i librai stanno veramente  vendendo ?
 CHI STA CLASSIFICANDO PER CHI ?
Chi sta parlando a chi ?

sabato 3 dicembre 2011

Bene, troppo Bene, ancora meglio!


Queste anime perse son ben liete di sopportare il male
per farne a loro volta  non già a chi gliene fa,
ma a chi
come loro sopporta senza reagire

Etienne de La Boétie, Discorso sulla schiavitù volontaria



Il segreto dell'editoria è l'arte di «dire no» Contro l'omologazione culturale, riscopriamo la critica

Quando un giorno qualcuno proverà a scrivere una storia dell'editoria del secolo XX si troverà di fronte a una vicenda affascinante, avventurosa e tortuosa. Ben più di ciò che si incontra trattando dell'editoria del secolo XIX. E fu proprio nel primo decennio del Novecento che si manifestò la novità essenziale: l'idea della casa editrice come forma, come luogo altamente idiosincratico che avrebbe accolto opere reciprocamente congeniali, anche se a prima vista divergenti o addirittura opposte, e le avrebbe rese pubbliche perseguendo un certo stile precisamente delineato e ben distinto da ogni altro. Fu questa l'idea - mai esplicitata perché non sembrava necessario - intorno a cui alcuni amici si raccolsero per fondare due riviste, «Die Insel» in Germania e «La Nouvelle Revue Française» in Francia, prima che, grazie all'impulso rispettivamente di Anton Kippenberg e di Gaston Gallimard, alle riviste venisse ad aggiungersi una nuova casa editrice fondata sugli stessi criteri. Ma la stessa idea, ogni volta in una variante singolare e non collegata necessariamente a una rivista, avrebbe guidato, negli stessi anni, editori così diversi come Kurt Wolff o Samuel Fischer o Ernst Rowohlt o Bruno Cassirer e, più tardi e in altri paesi, Leonard e Virginia Woolf o Alfred Knopf o James Laughlin. E infine Giulio Einaudi, Jerôme Lindon, Peter Suhrkamp, Siegfried Unseld.
Nei primi casi che ho citato si trattava di borghesi abbienti e colti, accomunati da un certo gusto e da un certo clima mentale, che si lanciavano nella loro impresa per passione, senza illudersi di renderla economicamente fruttuosa. Fare denaro producendo libri era, allora e anche oggi, una scelta fra le più aleatorie. Con i libri, come tutti sanno, è facile perdere molto denaro, mentre è arduo farne - e comunque in quantità poco rilevanti, utili soprattutto per continuare a investire. Le sorti industriali di quelle imprese sono state le più disparate: alcune case editrici, come Kurt Wolff, si sono chiuse nel giro di pochi, gloriosi anni; altre, come Gallimard, sono tuttora vivissime e ancorate alle proprie origini. Ogni volta quelle case editrici avevano sviluppato un profilo ben netto e inconfondibile, definito non soltanto dagli autori pubblicati e dallo stile delle pubblicazioni, ma dalle molte occasioni - in termini di autori e di stile - a cui quelle stesse case editrici avevano saputo dire no . Ed è questo punto che ci avvicina all'oggi e a un fenomeno opposto a cui stiamo assistendo: lo definirei l'obliterazione dei profili editoriali. Se si paragonano il primo decennio del Novecento e quello appena trascorso, si noterà subito che sono caratterizzati da due tendenze palesemente contrarie. Nei primi anni del Novecento si stava elaborando quell'idea della casa editrice come forma che poi avrebbe dominato tutto il secolo, dando talvolta un'impronta decisiva alla cultura di certi paesi in certi anni (come accadde con la «Suhrkamp culture» di cui parlò George Steiner a proposito della Suhrkamp di Unseld in rapporto alla Germania degli anni fra il Settanta e il Novanta o anche con l'Einaudi di Giulio Einaudi in rapporto all'Italia fra gli anni Cinquanta e Settanta). Nei primi dieci anni del secolo ventunesimo si è assistito invece a un progressivo appannamento delle differenze fra editori. A rigore, come ben sanno gli agenti più accorti, oggi tutti competono per gli stessi libri e il vincitore si distingue soltanto perché, vincendo, ne ha ricavato un titolo che si rivelerà un disastro o una fortuna economica. Poi, dopo qualche mese, che sia stato un successo o un fallimento, il libro in questione viene inghiottito nelle tenebre della backlist: magre tenebre, che occupano uno spazio sempre più ridotto e inessenziale, così come il passato in genere nella mente dell'ipotetico acquirente che la casa editrice vorrebbe conquistare. Tutto questo si avverte nei programmi e innanzitutto nei catalogues, quei bollettini assai significativi con i quali i libri vengono presentati ai librai - e che ormai hanno raggiunto un alto tasso di interscambiabilità, per il linguaggio, le immagini (incluse le foto degli autori) e le motivazioni suggerite per la vendita, infine per l'aspetto fisico dei libri. A questo punto, chi volesse definire che cosa una certa casa editrice non può fare, perché semplicemente non le si addice, si troverebbe in grave difficoltà. Negli Stati Uniti si può notare che il nome e il marchio dell'editore sono diventati una presenza sempre più discreta e talvolta quasi impercettibile sulle copertine dei libri, come se l'editore non volesse mostrarsi troppo invadente. Si obietterà: questo è dovuto a enormi cambiamenti strutturali che sono avvenuti e stanno avvenendo nel mercato del libro. Osservazione incontrovertibile, a cui però si può rispondere che tali cambiamenti non sarebbero di per sé incompatibili con la prosecuzione di quella linea della editoria come forma di cui ho parlato all'inizio. Di fatto, una delle nozioni oggi venerate in qualsiasi ramo di attività industriale è quella del marchio . Ma non si dà marchio che non si fondi su una netta, recisa selettività e idiosincraticità delle scelte. Altrimenti la forza del marchio non riesce a elaborarsi e svilupparsi.




Il mio timore è un altro: il drastico cambiamento nelle condizioni della produzione può aver indotto molti a credere, a torto, che quella certa idea dell'editoria, quale ha caratterizzato il secolo ventesimo, sia ormai, nell'illuminato nuovo millennio, obsoleta. Giudizio affrettato e infondato. Anche se occorre riconoscere che da qualche tempo non si vedono nascere imprese editoriali ispirate a quelle vecchie e sempre nuove idee. Un altro sintomo desolante è una certa mancanza di percezione della qualità e vastità dell'opera di un editore. Durante questa estate sono scomparse due grandi figure dell'editoria: Vladimir Dimitrijevic, editore dell'Âge d'Homme, e Daniel Keel, editore di Diogenes. La loro opera è testimoniata da cataloghi che comprendono migliaia di titoli con i quali un adolescente avido di letture potrebbe felicemente nutrirsi per anni. Ma ben poco di tutto questo traspariva sulla stampa che ha commentato la loro scomparsa. Di Daniel Keel si diceva, per esempio, che era un «amico dei suoi autori», come se questa caratteristica non fosse un requisito ovvio per qualsiasi editore. E per altro immancabile nei necrologi di certi editors, a cui si riconosce di aver seguito amorevolmente i loro autori. Ma un editore è cosa ben diversa da un editor . Editore è chi disegna il profilo di una casa editrice. E innanzitutto per la virtù e i difetti di quel profilo va giudicato e ricordato. Caso ancora più imbarazzante, la «Frankfurter Allgemeine» osserva che Daniel Keel aveva creato una terza possibilità fra la «letteratura seria» e la «letteratura di intrattenimento». Ma per Keel la stella polare del suo gusto letterario era Anton Cechov. Dovremmo includere anche Cechov in quella terra di nessuno che non è ancora «letteratura seria» e però va oltre la «letteratura d'intrattenimento» (e, nel caso di Diogenes, avrebbe dovuto includere scrittori come Friedrich Dürrenmatt, Georges Simenon o Carson Mc Cullers)?
Il triste sospetto è che questi giudizi siano una inconsapevole vendetta postuma per un felice slogan che Daniel Keel un giorno aveva inventato: «I libri Diogenes sono meno noiosi». Il presupposto ineccepibile di quella frase è che, alla lunga, soltanto la qualità non annoia. Ma, se la percezione della qualità in tutto ciò che definisce un oggetto - che sia un libro o una casa editrice - viene oscurata, perché la qualità stessa appare come un fattore irrilevante, la strada si apre verso una implacabile monotonia, dove l'unico brivido sarà dato dalle scosse galvaniche dei grandi anticipi, delle grandi tirature, dei grandi lanci pubblicitari, delle grandi vendite - e altrettanto spesso delle grandi rese, destinate ad alimentare la fiorente industria del macero.
Infine, appare ogni giorno più evidente che, per la tecnologia informatica, l'editore è un intralcio, un intermediario di cui volentieri si farebbe a meno. Ma il sospetto più grave è che, in questo momento, gli editori stiano collaborando con la tecnologia nel rendere superflui se stessi. Se l'editore rinuncia alla sua funzione di primo lettore e primo interprete dell'opera, non si vede perché l'opera dovrebbe accettare di entrare nel quadro di una casa editrice. Molto più conveniente affidarsi a un agente e a un distributore. Sarebbe l'agente, allora, a esercitare il primo giudizio sull'opera, che consiste nell'accettarla o meno. E ovviamente il giudizio dell'agente può essere anche più acuto di quello che, un tempo, era stato il giudizio dell'editore. Ma l'agente non dispone di una forma, né la crea. Un agente ha soltanto una lista di clienti. O altrimenti si può anche ipotizzare una soluzione ancora più semplice e radicale, dove sopravvivono solamente l'autore e il (gigantesco) libraio, il quale avrà riunito in sé le funzioni di editore, agente, distributore e - forse anche - di committente.
Viene naturale domandarsi se questo significherebbe un trionfo della democratizzazione o invece dell'ottundimento generale. Per parte mia, propendo per la seconda ipotesi. Quando Kurt Wolff, esattamente cento anni fa, pubblicava nella sua collana «Der Jüngste Tag», «Il giorno del giudizio», prosatori e poeti esordienti i cui nomi erano Franz Kafka, Robert Walser, Georg Trakl o Gottfried Benn, quegli scrittori trovavano immediatamente i loro primi e rari lettori perché qualcosa attirava i lettori già nell'aspetto di quei libri, che si presentavano come snelli quaderni neri con etichette e non erano accompagnati né da dichiarazioni programmatiche né da lanci pubblicitari. Ma sottintendevano qualcosa che si poteva già percepire nel nome della collana: sottintendevano un giudizio , che è la vera prova del fuoco per l'editore. In mancanza di quella prova, l'editore potrebbe anche ritirarsi dalla scena senza essere troppo notato e senza suscitare troppi rimpianti. Allora però dovrebbe anche trovarsi un altro mestiere, perché il valore del suo marchio sarebbe vicino a zero.


Roberto Calasso 

da: www.corriere.it

sto perdendo la trebisonda


INDICE
OCCUPY C.B. presidio culturale permanente del Teatro Renzo Casali
PRIMO APPUNTAMENTO
LA FORZA CHE CI ACCOMUNA

OCCUPY C.B. presidio culturale permanente del Teatro Renzo Casali

A partire dalla chiusura del Teatro ad opera della polizia municipale il 31 ottobre, una crisi che ci ha colpiti al cuore, buttandoci fuori di casa dopo 42 anni di storia e 37 di vita milanese, abbiamo elaborato un progetto interdisciplinare per interpretare, su scala più ampia, il mutamento di coscienza che sta abbracciando il mondo: OCCUPY C.B.
Raccogliendo le voci che arrivano da oltreoceano ma anche le intuizioni in atto di cui il teatro e le arti si fanno interpreti, desideriamo mettere in comune visioni, pratiche e beni essenziali alla nostra umanità .
Le attività si svolgono nelle aree non sequestrate del Teatro, ovvero il giardino e gli uffici, facendo del disagio una testimonianza e al tempo stesso un’occasione d’incontro. Il Teatro continua a vivere.
Per leggere il documento OCCUPY C.B. vai al sito: www.ala-comunabaires.it

PRIMO APPUNTAMENTO

OCCUPY C.B. vi invita

Poesia e Pittura nel giardino del Teatro
Mercoledì 7 dicembre, h. 17.00

INCONTRO
con il Poeta Franco Loi e il Pittore Claudio Jaccarino
con la partecipazione del Poeta Paolo Vachino

Afferma il poeta Franco Loi tra i primi a sostenerci e ad aderire al progetto:
...Per quanto mi riguarda penso che da quando sono entrato in rapporto con loro nei primi anni 80, sento la Comuna Baires come una di quelle iniziative che un Comune dovrebbe moltiplicare per dar vita e cultura alle proprie periferie

Claudio Jaccarino esporrà numerose opere nel giardino antistante il teatro mentre nelle salette del primo piano sarà possibile vedere gli acquarelli su carta fatta a mano e originali libri di viaggio.

LA FORZA CHE CI ACCOMUNA

Ringraziamo di cuore tutti coloro che ci hanno espresso solidarietà con le loro calorose testimonianze chiedendo la riapertura immediata del Teatro.
Siamo lieti di annunciarvi che Il teatro è vivo, aperto, dentro e fuori dalle mura, con il progetto OCCUPY C.B.
Ci rivolgiamo a tutti coloro che, con noi, non possono rinunciare alla ricchezza dell'arte.
l'arte è fuori dal mercato , diceva Renzo Casali e la Comuna Baires una lunga storia ricca di povertà . Sosteniamoci.
Come?
Con 10 euro per 6 mesi.

inviando un bonifico a:
IT27Q0351201614000000002665
Intestato a: ASSOCIAZIONE AGORÀ XXI
specificando: contributo di solidarietà straordinaria al Teatro Comuna Baires
Contribuire è dare insieme. Per continuare a stare insieme.

Comuna Baires
ALA - Accademia Linguaggi dell'€™Anima
via Parenzo 7 - Milano
++39.0289121317 mail: info@comunabaires.it
www.ala-comunabaires.it

Se vuoi cancellarti dal servizio di newsletter clicca il seguente link: UNSUBSCRIBE

Comuna Baires - via Parenzo,7 - 20143 - Milano - Italia -
 Tel/Fax: 0039 02.89.12.13.17 

da www.comunabaires.it

dedicato a Giulio che,a diciotto anni,ha usato i soldi di un premio,uno qualsiasi,per andare,nella notte,in pellegrinaggio a Marradi,che ha atteso il mattino ,battendo i denti,fino a che è comparso un usciere che gli ha aperto la porta della Casa di Marradi e,lui, con un lenzuolo ,appositamente portato , ha raccolto la polvere di quei mobili,di quelle impronte




nell'ultimo locale dell'Ezeiza, subito prima di imbarcarmi (gate 12, e di corsa),
in questa mia passeggiata in America e ritorno, ho ingurgitato un bel tazzone di mate
bollente: (tutto in onore del caffeinomane (e mateinomane, pare) Dino Campana):
ma
ti rimembri, te, come a me ti tremava la mia voce, nel museino di Marradi, quando
mi leggevo, là esposti, con te, vagabondando tra cornici e bacheche, quella sfilza
di manicomiali certificati manicomiali?
lo fanno bene, il mate, nelle case: invece,
nei pubblici esercizi, è un'altra cosa, più sciapa e blanda:
ma l'ho fatto lo stesso, 
io, come un brindisi, per lui: (e l'ho fatto per te, canonichessa mia grassa):

Edoardo Sanguineti, Cose, 30

venerdì 2 dicembre 2011

"GLI OCCHI DELLA LINGUA "

L'AVVENIRE HA IL VOLTO DEI ' NOSTRI FIGLI ' ( UNSERE KINDER ).SE LA VENDETTA HA LUOGO,SE IL MALE COMPIUTO NEI CONFRONTI DELLA SANTITÀ DELLA LINGUA DEVE ESSERE UN GIORNO VENDICATO ATTRAVERSO IL RITORNO RIVOLUZIONARIO NELLA SUA ESSENZA DELLA LINGUA,SONO  ' I NOSTRI FIGLI ' CHE DOVRANNO SCONTARLO.ESSI DOVRANNO : NECESSITÀ,FATALITÀ E DEBITO; ESSI DOVRANNO SALDARE UN DEBITO CHE NOI ABBIAMO CONTRATTO,PER NOSTRO SBAGLIO O NOSTRO CRIMINE,AL LORO POSTO "
              
                                                                 JACQUES  DERRIDA