Dal fatto di prender posto in un omnibus, anche a degli intervalli
più o meno lunghi, l'uomo che sa viaggiare può trarvi le più diverse
lezioni (e le più alte) di saggezza, di eguaglianza, e delle più
squisite virtù. L'autobus è alla volta un mezzo di trasporto ed un
ammirevole strumento di bella e sana morale.
I. L'attesa, l'eguaglianza e l'obbedienza alle leggi
Siamo a Lione... Un gruppo compatto di esseri di tutte le
condizioni, di tutti i costumi e di tutte le età, aspetta sull'orlo del
marciapiede d'un quai del Rodano, in un luogo esposto alla pioggia, al sole, alla fanghiglia, l'arrivo del tram o dell'autobus desiderato.
Il quarto d'ora del generale nippone Nogi! Saper tenere, sapere attendere!...
Che bella lezione ha avuto così la popolazione lionese durante tutto il tempo del «grande macello» leggendario!
Per distinguersi gli uni dagli altri, questa gente che aspetta deve
avere e tenere in mano un pezzetto di carta. Questi pezzetti di carta
sono numerati da 1 all'infinito in ticket staccati da un
apparecchio speciale. La macchina, qui, come altrove, rimpiazza l'uomo
(ahimé! Dove andremo a finire con queste macchine!...).
Sia essa giovane, bella, bisbetica, adorabile, indesiderabile,
vecchia, grassa, magra, sfiancata, la donna aspetta; impiegato, operaio,
commendatore, ladro, spia, aviatore, truffaldino, prete, bagarino,
lenone, capo di ufficio e per conseguenza decorato, amato, ingannato,
l'uomo aspetta.
Quindi? Eguaglianza dei sessi, soppressione dell'ineguaglianza di
condizioni. Soppressione anche dell'ineguaglianza delle attitudini; e
là, sta il fatto più rimarchevole.
Riformato definitivo, inadatto temporario, servizio armato o
servizio ausiliario o civile, qualunque sia il vostro valore
professionale, qualunque siano i vostri diplomi, le gite a domicilio
coatto, gli inviti a Corte, la vostra superiorità intellettuale, la
vostra esperienza della vita, l'ingegnosità negli scrocchi e truffe
giornalieri, l'onestà, il candore, le imbecillagini che avete fatto e
che sperate di fare ancora, le vostre condanne, le vostre relazioni
politiche; voi passerete nel tram, quando chiameremo il numero impresso
sul vostro ticket. Non avanti!
— Collaborazione della folla e dell'elite, diciamo noi —
forza del numero o del numero debole, rispetto delle leggi e, quantunque
sia molto bene di giammai confessare, potete ben farlo nel dirci che
non v'è spettacolo più riconfortante, più nobile e più economico come
quello ci presenta la moltitudine nell'attesa di un tram.
II. L'arrivo o la lotta del bene e del male — L'Indulgenza
Ma, delle volte, l'ineguaglianza dei caratteri si manifesta, ahimé!
irresistibilmente e più presto del tempo che metterebbe un deputato
socialista a dire una menzogna nei suoi discorsi in Parlamento.
È all'arrivo dell'autobus che quelli che non sanno attendere, gli
impazienti, gli irosi, gli invidiosi, le donnette che abbiamo fatto bene
di non sposare o prendere per amanti, le persone equivoche, i nuovi
poveri, i nuovi ricchi, tutta la poltiglia scatenata da questi lunghi
anni di mattatoio smascherano in poche riflessioni la loro bruttezza
morale.
Questo spettacolo, visto dalla piattaforma dell'autobus dove siete
installato da qualche tempo, vi dà un piccolo riassunto della struggle for life di Darwin, o la lotta per un posto di deputato o di spazzaturaio al Parlamento.
In piccolo sotto i vostri occhi e sotto le suole delle vostre
scarpe, sta tutta la vita sociale riunita in questo gruppo da 15 a 200
persone che si stringono, si schiacciano, si insultano onde far
prevalere il loro «numero», delle volte prima degli altri, contro
l'evidenza del numero stesso.
Qui si combattono le passioni lillipuziane, minuscole, immagini delle grandi, mastodontiche passioni della vita.
Orgoglio, vanità, entusiasmo, odio, altruismo, interesse, tutto è
lotta in basso, sul marciapiede, sul predellino, nella pioggia, nella
neve, nel fango. Voi, sul tram, siete l'uomo «arrivato», che ha il suo
posto e la sua sicurezza nella società, come un capitalista qualunque.
Che piova o che tiri vento, voi siete al coperto, voi avete l'anima
serena ed indulgente come il papa; voi giudicate meschini i sentimenti
di quelli che cercano di arrabattarsi per giungere sino a voi e che sono
nella folla, nella polvere, nel fango, in basso del tram. Voi giudicate
utopico il desiderio di questa gente che cerca di montare sul tram,
come il desiderio di un arruffone che mira a adagiarsi nella società
borghese e danarosa, dove gli impieghi, anche infami, sono sicuri e
rimunerativi.
Questo padre di famiglia con i suoi due marmocchi sulle braccia e
sua moglie accanto a lui che ne ha altri due sono letteralmente
schiacciati dalla folla dei pretendenti al tram. Essi lottano contro il
soffocamento, come lo si fa in grande con la vita. E, siccome sono sei, e
non scenderanno mai più di tre o quattro persone alla volta, essi non
monteranno giammai insieme. Questo esempio vi ricorda il problema del
Malthusianismo e la bellezza di crearsi una numerosa prole nella
«Società Corda e Sapone». Se qualche onorevole deputato vorrà
interessarsi del problema della popolazione e spopolazione, approfitti
dell'esempio di cui sopra; lo studio è facile e... rimunerativo.
— Un solo posto in prima classe!
Rauca, armoniosa, deliziosa, imperativa o seducente, la voce che
s'incanala nel vostro orecchio, disillusiona, scoraggia e disorienta gli
umili, i pezzenti, i bombardati dalla miseria. Essi, i poveri paria,
non monteranno in quel carrozzone che il buon De Amicis ci descrisse sì
bene; essi aspetteranno, forse non partiranno mai, se ci sono soltanto
dei posti in prima classe. La vita è cara! Avreste il coraggio di
pagarvi un lusso eguale in questi tempi di restrizioni? Un solo posto in
prima classe: come c'è un solo posto di direttore nella Banca d'Italia:
— Un posto solo in seconda classe!
— Monta, Geltrude, andrò a piedi.
— No, Clodomiro, vai tu: aspetterò l'altro tram.
Qui, la mia attenzione si porta sulla solidità delle virtù
coniugali. E a parte queste virtù, non vi sembra di vedere i due
candidati dello stesso collegio che, ispirati dal Governo e da qualche
biglietto da mille, si cedono il posto a vicenda? (Pel bene della
«patria», s'intende!)
Intanto nel tram il posto vuoto è preso da quegli che è solo,
sparigliato, vedovo, celibe o prete. Infamia! è l'egoismo che trionfa,
che arriva prima degli altri come un neo-consigliere municipale o
segretario di una confederazione del lavoro qualsiasi.
Come le spese occulte ed accessorie di palazzo Braschi, ecco l'uomo
che ha tramato nell'ombra... Egli monta sul tram quando questo riprende
il suo percorso, grazie ad una tenue mancia elargita di nascosto.
Arrivista! va, corri, tu abusi del triste potere del denaro come un
volgare ministro!
La signora che ha il numero 606 ha potuto montare sull'autobus
perché il giovincello del numero 527 le ha ceduto il posto. Essa si
installa. In questo momento arriva l'uomo dal numero 523 e dovrebbe
occupare appunto il posto della signora 606. Egli non insiste. È il
perfetto rappresentante dei timidi, di quella categoria che non osa e
che non arriverà mai a farsi una prebenda come il vescovo di Napoli.
Fissate questo timido: vi accorgerete subito che esso non è nato per
truffare, per arrabattarsi, per arrivare, per giocherellare il levati tu che mi ci metto io! come tutta quella gentaglia di cui è inutile intrattenerci.
III. Lezione di rassegnazione e di speranza — Conclusione
Il tram è partito. Non bisogna credere che i buoni se ne vanno e
che i cattivi restano. L'uomo che ha il numero 790 sussurra al suo
vicino: «Io non invidio quelli che sono partiti; partire, è morire a
metà». Ma quelli che sono partiti sono pieni di speranza! Però, come le
persone già al posto, essi hanno le loro ineguaglianze ed i loro incubi.
Il loro posto è instabile come un impiego losco; essi sono soggetti
agli urti, alle spinte, alle schegge di vetri fracassati che sono gli
scandali. I più esposti agli accidenti, che comporta il tram o la vita,
sono delle volte quelli che pagano più avanti, più vicino alla luce od
al motore. Un ladro che ha scorto una spia, trae dalla tasca un giornale
cattolico, lo spiega in tutti i sensi che si può immaginare, ci si
nasconde e legge senza leggere...
— Piazza del Cimitero! La corsa è finita.
Sic itur ad astra. Ed è qui, come nella vita, che bisogna
rinunciare alle migliori cose, ai più belli e deliziosi miraggi, agli
impieghi più sicuri, prendere la pensione (se ne avete diritto), finir
sempre o, se non siete arrivato all'ora finale, rimettervi a vivere od a
vegetare quando non ci pensavate più, o partire per delle nuove strade o
verso degli scopi, che non sono nuovi...
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