Il regno odioso delle prigioni non finirà senza che
ciascuno impari a non imprigionarsi più in un comportamento
economizzato dai riflessi del profitto e dello scambio.
Meno l'animalità si ingabbierà nella rigidità del carattere,
arrabbiandosi per frustazioni perpetue, più aprirà le porte del
godimento a progressivi affinamenti, e più apparirà a tutti l'orrore di
rinchiudere in cella dei condannati che vi languiscono non per i loro
misfatti, ma perché esorcizzano i demoni che le persone oneste
imprigionano in loro.
I progressi che l'umanesimo auspica fanno rabbrividire. Se le prigioni
spariranno senza che il godimento sia restaurato nei suoi diritti, esse
cederanno soltanto il posto ad istituzioni psichiatriche ariose, in
accordo con le terapie che anestetizzano nei condannati al lavoro
quotidiano la violenza delle frustrazioni.
Non è forse giunto il tempo di stabilirsi talmente nell'amore di sé che,
arrivando ad adeguarsi dal fondo del cuore molta felicità, ci si
affezioni agli altri per la felicità stessa che tocca loro in sorte,
amandoli per il favore di amare che dispensano a se stessi?
Non sopporto di essere abbordato per il ruolo, la funzione, il
carattere, l'istantanea che mi fissa e mi imprigiona in ciò che non
sono. Quale incontro sperare in un luogo in cui l'obbligo di essere in
rappresentazione impedisce sempre che io esista?
Mi importa soltanto la presenza del vivente, in cui convergono tutte le libertà che nessun giudizio ha il potere di arrestare.
Raoul Vaneigem
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