venerdì 6 giugno 2025

Be careful of the cat

Andava verso casa di nuovo a notte fonda. In redazione la cronaca nera lo impegnava sempre di più, così come era sempre più difficile e pericoloso per il giornalista stare al passo degli eventi in città.
Ritornare a casa con il buio quando la città dorme, il silenzio, i quattro passi in solitudine dal parcheggio al portone di casa, l’ultima avida sigaretta prima di dormire. Tutto finito, andato per sempre. Ciò che una volta rappresentava un piacevole momento di fine giornata si era trasformato in incubo ed era ora lui a rischiare di finire in un trafiletto di nera.
Quel maledetto gatto, in quel maledetto quartiere. Gli si era parato davanti un paio di settimane prima nella strada vuota, sbucato dal nulla e nero come la pece. Non era superstizioso ma un brivido gli percorse la schiena. Se hai un nome, il tuo deve essere Rasputin, pensò il giornalista.
Il gatto aveva cominciato a seguirlo quasi avesse uno scopo, incollato alle sue caviglie, forse a chiedere qualche croccantino o solo un attimo di attenzione. Il giornalista stanco e infastidito lo allontanò con un calcio e fu ripagato con una unghiata al polpaccio. Il tempo di una bestemmia e il gatto era sparito.

Dopo quell’incontro, cercava parcheggio il più possibile vicino al portone di casa e dopo aver scrutato a lungo la strada vuota a bordo della sua Fiat Ritmo, un catorcio che aveva alle spalle tempi migliori, lo raggiungeva quasi correndo con le chiavi già pronte in mano.
Chissà se sarà vero che i gatti vedono in bianco e nero ma, vero o no che sia, di certo mi starà osservando acquattato da qualche parte, pensò il giornalista. Aveva trovato un posto per l’auto a un centinaio di metri da casa, troppi per raggiungere in sicurezza il suo appartamento.
E, cazzo, il lampione sotto casa era fulminato. Casualmente? si domandò uscendo dall’auto, in preda delle sue paranoie.

















Si affrettò verso il portone ma la stringa slacciata di una scarpa lo costrinse a fermarsi dopo aver incespicato. Gli sfuggì una imprecazione sorda. Non voleva attardarsi così allo scoperto ma non aveva alternative. Febbrilmente la riannodò mentre controllava la strada in cerca di un movimento insolito. Insolito come? si disse. Tipo una massa nera che si avvicina rapida? L’immagine gli attraversò la mente e gli fece perdere tempo. Non vide il gatto alle sue spalle ma una sensazione di pericolo lo spinse a rialzarsi in fretta. Ma non abbastanza in fretta.
Una zampata alla caviglia gli arpionò il piede sbilanciandolo. Cadde a terra battendo malamente la nuca sul bordo del marciapiede. Non riusciva a muoversi e non poté fare altro che osservare il gatto salirgli lentamente sul petto e fissarlo con occhi gialli. Una fitta lancinante sulla guancia e, molto più tardi, la sirena dell’ambulanza. 










Chi scriverà il mio necrologio? Si chiese il giornalista mentre i paramedici cercavano di mantenerlo in vita. Sarebbe stato meglio che avessi fumato qualche sigaretta in meno e comprato qualche croccantino in più. Maledetto quartiere e maledetto quel gatto. Di certo mi starà osservando. 













(Foto 1 e 2 di Faber)

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