mercoledì 28 maggio 2025

Piccolo diario di viaggio - Portogallo

                            Coimbra, 19.5.2025

Coimbra si posa tra le pendici delle montagna e l’oceano vicino.

Case abbandonate, palazzi immensi, strade profonde, viali sospesi. Si articolano ricordi di canzoni smarrite, di viaggiatori, di combattenti, di studenti.

Quale spazio rimane tra i giardini e le piccole vie del centro, i ristoranti coreani e i kebab, i palazzi abbandonati, occupati per le libertà, le piazze piatte, gli edifici netti e l’immensità? 

Cosa rimarrà di Coimbra?

Cosa sogna Coimbra?

La sera si animano alcune piazze, musica e balli in strada.

Altre rimangono deserte, tra i cantieri e i rider affaticati.

Le finestre sono spesso aperte: parlano di una vita che non ha paura di raccontarsi.

Rimane poco da dare in pasto ai turisti.

Terrazze così piene di natura, palazzi talmente alti che dominano il cielo; tovaglie, vestiti stesi, gatti disorientati cercano un posto di vento e di sole che li accolga.

Così la città è dolce con chi beve, chi si dispera. Lo abbraccia con il silenzio, la musica, le mani gentili.

Coimbra sogna, sì. 

Sogna di rimanere libera.


                         Verso Nazarè, 20.5.25


A Nazarè la terra si dimentica di se stessa e si butta nell’oceano


Lungo la strada per Nazarè, nella campagna, si osservano boschi e coltivazione di ulivo, eucalipto, frutta, kiwi.

I paesi sono agglomerati di case: a quelle in rovina si accostano costruzione nuove, senza un’identità definita.

Tra piccoli bar isolati, stazioni di benzina, cimiteri, boschi immensi, pini sottili provati dal vento, si incontra un mondo fatto di ricordi. Quante vite immerse in cellule separate: ci si chiede chi passi per quelle strade e chi abiti quelle case.

In un piccolo bar lungo la strada, un signora ci accoglie con cura, sorpresa dalla nostra entrata. Tra espositori di cioccolato milka e tazzine per il caffè, abbiamo il dono di un volto sereno che ci saluta.


Arrivati a Nazarè


Nazarè si perde tra le piccole casette incastonate nelle strade minuscole e i palazzi che fagocitano la bellezza. Finestre dove non c’è luce, finestre che cercano disperatamente un contatto con il vento.

A Nazarè ondate di profumo di griglia invadono le strade: bambini giocano a palla davanti ad una casa in festa.

L’oceano, oltre la roccia, si sposa con i vento. Un verde così pieno di fiori ci saluta.

In mezzo alla spiaggia spessa, dove la memoria delle conchiglie è ancora viva, ci guarda l’infinito.


                        Verso Sintra, 21.5.25


La campagna portoghese ci abbraccia e ci accompagna da Nazarè a Sintra.

La luce di Nazarè solleva i nostri corpi in una dimensione fatata, sospesa. I boschi e le montagna non smettono di tenerli preziosamente elevati.

Povoa è il punto in cui le alture donano visioni di felicità. Un piccolo cimitero affonda nel punto di incontro tra le cime di questo mondo.

Una musica di festa rimane nei sogni degli abitanti.


Arrivati a Sintra


Tra frutteti e campi coltivati e poi ancora boschi di eucalipto, quercia da sughero e pini, Sintra compare all’orizzonte. Sintra è capricciosa, Sintra non sembra avere un cuore.

I turisti la mangiano a bocconi spessi; Sintra è illuminata dalle sue meravigliose piante. Platani gioiscono lungo i viali, sequoie tagliano il cielo.

Tra i palazzi reali e il desiderio ormai sprofondato, saltellano i merli e i passeri.

Il vento a Sintra arriva: sopra le chiome dei turisti indaffarati a scattare fotografie e a succhiare una linfa secca, illumina le piante e il cielo.

Qui le nuvole corrono veloci e i pensieri con loro.


                          Verso Cabo da Roca


Abbandoniamo i volti rigidi di Sintra, salutiamo quel piccolo bar il cui gestore serve il caffè con eleganza: ama il suo lavoro, ama i suoi clienti, le sue mani indicano i dolci con affetto.

Cabo da Roca è il punto più ad Occidente dell’Europa. Qui i colori dell’Irlanda dominano: verde intensissimo e marrone di terra oceanica.

Qui l’infinito esiste.

Qui l’oceano spaventa.

Qui la corrente non bacia le sirene, ma i pirati del nuovo mondo.


                              Lisbona, 21.5.25


Cara e meravigliosa Lisbona, la nostalgia della tua luce mi riempiva di angoscia e desiderio.

Tra querce da sughero e spighe in festa, arriviamo nella tua profondità.

Ci accogli nella notte, ci sorprendi nel mattino, ci porti verso i nostri sogni al tramonto.

Tra case e palazzi incastrati gli uni negli altri, la musica rimane un filo che ci accompagna.

Le strade divorate dai turisti sono tante. Canali zeppi di macchine, tuk tuk e pullman: come un formicaio di zainetti e scarpe da ginnastica, scavano nel cuore della città. 

Amata Bairro Alto, Amata Bica, Amata Alfama, qui si può trovare ancora la tua anima intera. 

Lisbona ha tante braccia e soffia con la sua bocca di conchiglia.

Fa spazio a tutti, per un po’.

Per chi rimane, è necessario stare in equilibrio nel suo vento.

Per chi non la dimentica, è necessario cucire un lenzuolo bianco e attendere il momento per volare quando la città soffia.


                          Porto, 23.5.25


Porto è energia. Porto è l’incontro tra un antico rumore profondo e il volo di un gabbiano.

Porto è squartata e dissanguata, ma resiste nella sua bellezza.

Il turismo la mastica e la vomita.

Ma Porto si difende.

La sua anima si estende dalla nudità della terra a dove solo gli uccelli possono stare.

Tra i vicoli che si nascondono fino al canale, il fuoco di Porto brucia l’anima di chi la vuole depredare.

Di notte, la magia di una cupola attorno alla quale i gabbiani dichiarano, a gran stridio: Porto è nostra.

Adorata Porto, resisti.

Amata Porto, la tua luce abbagliante, la tua sera dolorosa, la tua notte oscura siano sempre vicine a te. 


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