Il
ricordo può essere una forma di relazione; da una parte abbiamo
l'incontro, l'avvicinarsi, dall'altra il suo necessario opposto.
Le due fasi sono necessarie e in qualche modo consequenziali.
L'indagine di quella scoperta richiede tempo, che diverrà in seguito nuova forma.
Le due fasi sono necessarie e in qualche modo consequenziali.
L'indagine di quella scoperta richiede tempo, che diverrà in seguito nuova forma.
Quando l'intuizione all'origine delle parti che costituiscono questo movimento é sincera e capace, assistiamo alla nascita di un'opera che contiene le qualità entrambe di soggetti che non siamo noi, e che, misteriosamente, ci appartengono.
Michele Di Maria ha avuto l'intuizione di creare il laboratorio che ha preso il nome di Visegno, di fornire gli strumenti del colore, dei giochi possibili che il tratto concede, a ragazzi e ragazze capaci di una percezione che non può essere la nostra, ha testimoniato i risultati dei loro lavori, e ha abilmente garantito un incontro tra loro e la loro arte possibile, tra noi e il loro volto.
Simile operazione, se ben pensata, risulta obbligatoriamente in un segno che coinvolge noi tutti.
Questo è esattamente lo scopo del Visegno, e in generale il fine artistico di Michele e dell'associazione culturale Trepunti, che ha fondato insieme a Claudia Ferraroni: coinvolgere tutti.
Al libro che conserva e racconta questo percorso, ha risposto Pietro Di Cristoforo.
La forza che le parole che Pietro ci consegna, le sue poesie, la forza dei volti che gliele hanno consegnate, sono tali da non richiedere, da non necessitare di nessuna mediazione, di nessun altro intermediario.
La sincerità con cui tutti questi soggetti si raccontano non ha bisogno altro che nuove parti da segnare, nuovi volti.
parole e fotografia a cura di Fabrizio Davini
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