"Sotto le tazze da tè / tengo una specie d'inferno"
Le opere di Andrea Savazzi rispondono silenziosamente a chi le osserva: lo spazio della cornice è il luogo di una ricerca che è pittorica e umana, fatta di tecnica pura che impietosamente lavora per descrivere l'oblio delle grandi figure storiche ritratte. Sembra quasi che la perversità (per dirla con Poe, di cui pure Savazzi è figlio) del vivere sia tutta ingabbiata lì dentro, o dietro gli occhi - significativamente espunti - dei classici soggetti; eppure la corruzione è invadente, il segno del tempo deve mostrarsi, ed ecco chel'austero e muto ritratto partorisce una forma di vita bizzarra, un po' uomo, un po' muscolo, un po' essere umano fatto di corallo, e la cecità (o negazione della vista) diviene il metro su cui misurare il nostro tasso di decadenza fisica, morale ed esistenziale. Ciononostante, Andrea Savazzi è capace anche di grande ironia, quando in un progressivo gioco di antiche cornici riesce a collocare la miniatura di una mosca.
L'esposizione presso la Libreria Ponchielli chiuderà il 7 agosto.
(testo di Federico Biolchi)
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