Nicoletta Poidimani nel libro “Utopia del corpo”, edito Mimesis,
mette in luce il corpo come luogo
delle trasformazioni, consigliando
di cominciare la ricerca della nostra incompiutezza, senza paura di
perdersi, se non si è più
incatenati al valori mortiferi del potere.
Con l’età moderna nasce il
pensiero scientifico (quantitativo)
e si passa al modo di produzione capitalistico. Si abbandona la
relazione di prossimità con la natura, in nome della volontà di
dominio sulla natura e sull’uomo stesso. Il
capitale si poggia sull’approccio quantitativo della realtà, in
particolare utilizza il criterio del giudizio di utilità
determinando così l’inutile,
l’altro, il minaccioso costruendo
le
basi di un’ortopedia sociale: per
chi è deviante li attendono prigioni e manicomi. Tale è il potere
dell’inquisizione che si adopera per cancellare le individualità e
determinare l’eretico, costruendo e imponendo l’identità intesa
come conformità alle norme.
Da una parte troviamo i diversi che
incarnano il desiderio senza disciplina, dall’altra c’è il corpo
alienato dedito al lavoro. Questa società di
normalizzazione impone la difesa
di un’identità di razza e l’ammaestramento dell’immaginario.
De-costruire l’identità richiede
l’uscita dal regime di polizia identitaria che è stato
introiettato, per mettere in atto le molteplicità di desideri. Ciò
significa abbandonare il sapere di sé totalitario, distruggendo i
miti delle culture dominanti. Poidimani prende spunto da Lapassade
nel formulare il concetto di neotenia e transe, come
possibilità di liberare il corpo dalle ritualizzazioni che lo
recludono nella prigione dell’omologante. La transe rende possibile
il ritorno in direzione di uno stato infantile, tenta
di creare una collettività
liberata dall’alienazione della proprietà privata.
Qui va collocato il momento
dell’utopia: poiché il nostro corpo custodisce in sé la
possibilità di esperire nuovi percorsi, guardandosi dentro
può
trasformare anche l’esterno.
Un corpo libero è un corpo che immagina e desidera, un corpo in
continuo divenire.
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