Per il comitato del Premio Pulitzer,
All’attenzione di Mr. Frank D. Fackenthal, Segretario,
Columbia University
New York City
Egregi signori,
vorrei
ringraziarvi per aver assegnato il Premio Pulitzer al mio romanzo
“Arrowsmith”. Premio che sono costretto a rifiutare e tale rifiuto non
avrebbe senso se non vi spiegassi le ragioni.
Tutti
i premi, come del resto anche i titoli e le onorificenze, sono
pericolose. Gli scrittori che vogliono vincere dei premi prestigiosi
tendono a lavorare non per l’eccellenza, ma per queste riconoscenze
amene. Si tende a scrivere in modo timoroso per non stuzzicare i
pregiudizi di una commissione creata dal caso. E il Premio Pulitzer per i
romanzi è particolarmente discutibile perché é il regolamento è stato
costantemente e gravemente travisato.
Infatti,
i termini per l’assegnazione del premio sono “per il romanzo americano
pubblicato nel corso dell’anno che riesce a rappresentare al meglio
l’atmosfera della vita americana nel suo più alto livello di educazione e
virtù”. Questa frase, se significa qualcosa, vorrebbe indicare che la
valutazione dei romanzi deve essere fatta non in base al loro merito
letterario, ma in obbedienza a un qualsivoglia codice di buona forma che
potrebbe essere popolare in un momento storico.
Che
ci sia una tale limitazione del premio è poco comprensibile, sia per la
riduzione che l’annuncio riporta e sia perché alcuni editori hanno
strombazzato su tutti i giornali che ogni romanzo che ha ricevuto il
Premio Pulitzer è, senza alcun dubbio, il miglior romanzo in assoluto.
Il pubblico è indotto a credere, infatti, che il premio sia il più
grande onore che un romanziere americano possa ricevere.
Il
Premio Pulitzer, per essere accettato in questo modo dagli scrittori,
rappresenta molto di più che un migliaio di dollari per la vittoria. C’è
la credenza generale che gli amministratori del premio siano come un
organismo pontificio, unico organo che abbia con il potere di
individuare l’opera con maggiori meriti. Si ritiene che siano sempre
guidati da un comitato di critici responsabili, anche se nel caso sia di
questo che di altri premi Pulitzer, gli amministratori possono fare, a
volte, scelte piuttosto arbitrarie e respingere ottimi suggerimenti.
Se
oggi il Premio Pulitzer è così importante, non è assurdo pensare che in
una futura generazione potrebbe diventare l’unico obiettivo per il
quale ogni romanziere ambizioso s’impegnerà; e gli amministratori del
premio potrebbero diventare un organo giurisdizionale supremo, un
collegio di cardinali, così radicati e così sacri che a sfidarli si
rischierebbe di diventare blasfemi.
Solo rifiutando sistematicamente il Premio Pulitzer, i romanzieri possono impedire che un tale potere venga imposto su di loro.
Il
Premio Pulitzer e l’Accademia Americana delle Arti e delle Lettere sono
l’inquisizione di seriosi signori letterari: tutto questo spinge gli
scrittori a diventare cauti, gentili, obbedienti, e sterili. In segno di
protesta, ho rifiutato l’elezione dell’Istituto Nazionale delle Arti e
delle Lettere alcuni anni fa, e ora devo declinare il Premio Pulitzer.
Invito
gli altri scrittori a considerare il fatto che, accettando i premi e
l’approvazione di queste vaghe istituzioni, stiamo ammettendo la loro
autorità, e attribuiamo pubblicamente ai giudici un’eccellenza
letteraria, e mi chiedo se qualsiasi premio valga questa sottomissione.
Cordiali saluti.
Sinclair Lewis
(traduzione di Michele Crescenzo)
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