Fuori controllo
La nozione manageriale di «accertamento tecnologico» è paragonabile
al tentativo di fermare un’automobile che sta per andare fuori strada
utilizzandone il manuale di manutenzione e di riparazione. L’efficienza
della tecnologia è in realtà inefficace. Ogni settore tecnico persegue i
propri scopi separato dalla totalità. Ogni struttura della macchina
cerca di mantenere il proprio potere e influenza.
Persino i difensori della tecnologia ammettono che tende a muoversi
fuori dal controllo umano. Alcuni fra loro attaccano la «tecnofobia»
dei suoi critici e centrano il problema sugli esseri umani che non hanno
ancora imparato a gestire le «libertà» che la tecnologia ci può donare.
La tecnologia è uno strumento che rende capaci, non un meccanismo
coercitivo — secondo i suoi apologeti — ed il vero problema è la
capacità umana di «gestirla». L’assurdità di questa affermazione è
evidente. La tecnologia ci ha dato la libertà di servirla, la scelta di
agire all’interno dell’ambito tecnologico. Essa è coercitiva perché è un ambiente, un ambiente che per esistere deve sopprimere tutti gli altri.
Uno scrittore favorevole alla tecnologia riporta una metafora
comune nella letteratura, quella della macchina che per la velocità
perde il controllo: «Se noi sembriamo essere spinti nel futuro da un
motore impazzito, può darsi che la principale ragione per cui ciò accade
è che non siamo stati capaci di imparare come funziona, né di guidarlo
nella direzione che vogliamo percorrere». Questa affermazione ne ricorda
un’altra di Lenin, che nel corso dell’ultimo congresso del partito cui
partecipò, nell’aprile 1922, disse che spesso aveva avuto la sensazione
sgradevole di essere l’autista che s’era improvvisamente accorto che la
sua automobile non si muoveva nella direzione da lui voluta. «Delle
potenti forze — dichiarò — deviano lo Stato sovietico dalla sua strada
originaria». Fra le forze più potenti, naturalmente, c’era l’ipnosi del
processo politico autoritario.
Analogamente, le stesse «potenti forze» dell’autoritarismo e
dell’ottimismo tecnologico sono all’opera oggi. Nella società
tecnologica, la tecnologia resterà al comando. Il «fattore umano» non
può venir programmato dai computer come misura protettiva contro il loro
potere su di noi; può solo soccombere. «L’automobile» è fuori
controllo. E noi?
Noi invece potremmo cominciare a demolire il mito che fa della
tecnologia qualcosa di sacro e irrevocabile. Imparare a ricatturare le
nostre abilità, diventare indipendenti dalla tecnologia, guardare il
mondo coi nostri occhi e non con lo schermo del computer. Potremmo
iniziare a rovesciare tutti i presupposti mai negati di questa civiltà,
impedire la distruzione del territorio, opporci al trionfo del
progresso, spegnere gli apparati di propaganda tecnologica e politica.
Intendiamoci, stiamo proponendo qualcosa che in nessun caso potrà
avvenire attraverso un programma politico e tecnologico.
[All’attacco della civiltà tecnologica, a cura degli Amici di Ned Ludd, Gratis, 1993]
Beh, non posso che condividere l'analisi. Resta, amara, la consapevolezza dei limiti di queste requisitorie contro lo status quo che sono costrette, proprio in ragione del potere coercitivo cui siamo soggetti, ad utilizzare la tecnologia per farsi conoscere ed essere lette. Un paradosso, a voler ben vedere, che ha interessato spesso il pensiero antagonista: uno dei pochi limiti dei Situazionisti (Debord) è sato quello di non riuscire ad affrancarsi dalla realtà che giustamente avrebbero voluto abbattere. Sembra che non esistano alternative a questa realtà che ha occupato tutto e preordina tutto...
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