sabato 26 luglio 2025

È un tempo che ci raggiunge. - e dice: “Guardami.”



instāre = stare sopra, essere imminente, premere addosso, incombere.

Instans è ciò che sta addosso, urge, si impone, non può essere evitato.

Quindi l’istante non è un frammento neutro di tempo,
ma qualcosa che preme, che urge, che domina l’attenzione.
È un tempo che ci raggiunge.

  • Nell’antico latino, instans poteva indicare anche un nemico che incalza, una stagione che incombe, un evento inarrestabile.

  • Non è il tempo "qualsiasi", è il tempo necessario, inevitabile.

L’istante è un colpo di tamburo nel silenzio.
È l’attimo che si alza in piedi davanti a te,
e dice: “Guardami.”

È il momento in cui il mondo ti chiama per nome



forma avverbiale da actus («atto, azione compiuta»), participio passato di agere («spingere, muovere, fare»).
L'attimo, quindi, è un atto compiuto: un’azione che si è già consumata, come un lampo.
È tempo che si è appena chiuso, ma che ha lasciato il segno.
Un battito, una scintilla.
In tedesco si tradurrebbe con Augenblick: “lo sguardo di un occhio”.

➤ L’attimo non è mai abitabile: accade e svanisce. È la soglia attraverso cui il presente si dissolve nel passato.
Ma in quell’evanescenza… può accadere il miracolo.

  • L’attimo è un lampo che brucia e lascia la pelle accesa




dal latino momentum, da movimentum («movimento»), a sua volta da movere («muovere»).
Quindi: momento = ciò che muove o ciò che ha il potere di far pendere qualcosa (come nei termini “momento decisivo”, “momento critico”).
Nel latino tecnico, momentum indicava anche il peso che fa inclinare una bilancia.

➤ Il momento ha forza e direzione.
È una zona viva del tempo che agisce, modifica, inclina, conduce.
Il momento è portatore di scelte: non è solo tempo che passa, ma tempo che decide.

  • Il momento è una corrente che trascina e cambia il corso del fiume.



"Adesso" viene dall’italiano volgare e affonda le radici nel latino tardo:

  • ad ipsuma questo (momento)
    oppure

  • ad hoc ipsuma questo stesso (punto/istante)

  • Ma è soprattutto la combinazione ad + eccu(m) + istum che ha dato vita in volgare a forme come:

  • ad istuma questo qui,

  • ad eccum istumecco questo (espressione rafforzativa dell’immediato).

Il passaggio fonologico e semantico ha portato alla forma toscana adesso, nel senso di “in questo preciso istante”.

“Adesso” segna l’irruzione del presente nella coscienza. Non solo “tempo attuale”, ma presenza fenomenica.

In chiave coscienziale (che ci interessa molto), “adesso” può essere visto come:

  • Quantum di attenzione condensata.

  • Istanza di realtà affermativa: ciò che “si dà” e “accade”.

  • Strappo dell’eterno nel flusso: come se la linearità venisse sospesa da un’irruzione qualitativa.

Lo stato di adesso è, in fondo, il campo zero della possibilità:

Tutto ciò che accade, accade adesso. Tutto ciò che può cambiare, può cambiare adesso.

Se incrociamo questo lemma con la riflessione sulle emergenze, potremmo dire che:

  • “Adesso” è una condizione emergente della coscienza.

  • È l’attualizzazione che sottrae informazione al caos e la configura come evento.

  • In un sistema, “adesso” non è solo un punto nel tempo: è la tensione tra potenza e atto.

Adesso è il confine instabile tra ciò che ancora non è e ciò che già agisce.
È il battito dell’universo dove l’evento prende forma, l’attenzione si coagula, e la coscienza decide di essere.



Il termine presente deriva dal latino praesens, praesentis, participio presente del verbo praeesse, composto da:

  • prae- = "davanti, prima"

  • esse = "essere"

Dunque, praesens significa letteralmente “essere davanti”, “essere innanzi a”.

In latino il termine veniva usato tanto per indicare la presenza fisica ("colui che è qui") quanto per il tempo attuale ("ciò che è ora davanti a noi").

Il praesens tempus è ciò che si manifesta davanti allo sguardo o alla coscienza.

 Il presente è ciò che appare, ciò che si offre alla coscienza. In questo senso, è lo spazio dell’accadere, del darsi, del manifestarsi. È un concetto dinamico, non statico.

Qui si collega fortemente con l’idea del “presente” come evento emergente, un’interfaccia tra l’essere e la percezione, tra informazione e consapevolezza.

Essere "presente" significa essere con, prae-esse, "essere per", essere al cospetto, essere in relazione diretta. Il presente è co-esistenza. Da qui il valore del “presente” anche in senso intersoggettivo e spirituale.

Il termine presente ha anche un significato legato all’offerta: un “presente” è un regalo, un dono. Questa accezione non è casuale.

Dare un dono è portarsi davanti all’altro, farsi presenti a lui, esprimendo una volontà di vicinanza, di relazione, di affetto.

Questa duplice valenza temporale e relazionale è profondamente simbolica: il dono è sempre nel presente, come atto di offerta, manifestazione di sé nel qui e ora.


la parola presentimento,  viene da praesentire, dal latino:

  • prae- = "prima"

  • sentire = "percepire, sentire"

Dunque: "percepire prima", intuire prima che accada, sentire un evento prima che si manifesti chiaramente.

Il legame con “presente” non è diretto etimologicamente, ma è fortissimo sul piano semantico e psichico.

Il presentimento è una presenza senza forma, una prefigurazione psichica di ciò che sta per emergere nel campo della coscienza.

Potremmo dire che il presentimento è il futuro che bussa nel presente, o ancora: una pre-attivazione della coscienza verso una possibilità in arrivo, che non è ancora conoscibile razionalmente.

Il presente è il luogo del darsi. Il presentimento è l’annuncio del darsi.

In particolare, presente e presentimento si incrociano nella zona liminale dove la percezione si fa rivelazione.




CONCLUSIONE: 
"FAR FAR AWAY THERE WAS A TIME TO GO, THERE WAS A TIME TO REST" ("ma non è questo il giorno". cit.)

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