lunedì 10 settembre 2018

Perec inafferrabile patafisico alla biblioteca di Piadena, di Luca Ferrari


Definendo perechiano questo intelligente, bizzarro, giocoso inventario ideato e curato dall’amico Mauro Ferrari intendiamo riferirci al senso profondo di un’esperienza letteraria e più compiutamente intellettuale che ha caratterizzato la figura poliedrica di Georges Perec - scrittore, saggista, autore teatrale, esperto di cruciverba, animatore dell’OuLiPo (Officina di Letteratura Potenziale) con Calvino e Queneau, nato a Parigi nel 1936 e morto prematuramente nel ’82, a soli 46 anni.
Un inafferrabile patafisico della mente e dei linguaggi che ha attraversato generi e sperimentato forme comunicative giocando col paradosso, la provocazione, mescolando il linguaggio specialistico con il parlato, analizzando ossessivamente la realtà con uno sguardo dal basso teso a ricostruire in particolare la sua stessa biografia personale, frammentata e dispersa dalla morte dei genitori vittime della guerra e dell’Olocausto.

Prendiamo lo splendido titolo di questa mostra: “Inventario degli oggetti rinvenuti nei libri rientrati dal prestito alla Biblioteca”: non richiama direttamente lo straordinario  “Tentativo di esaurimento di un luogo parigino” che Perec scelse per descrivere minutamente nel 1974 alcuni luoghi di Parigi osservati standosene seduto a un tavolino di caffè o su una panchina? O quell’elenco degli oggetti che si trovavano sul suo tavolo da lavoro nell’anno 1976 (“Note riguardanti gli oggetti che si trovano sulla mia scrivania”, contenuto in “Pensare/Classificare” uscito postumo nel 1985)?
O ancor meglio quel “Tentativo d’inventario degli alimenti liquidi e solidi che ho ingurgitato durante l’anno millenovecentosettantaquattro” in cui elencava il numero totale di cavoli, fichi,  polli, pastasciutte mangiati, bottiglie di beaujolais bevute... 56 armagnac, un bourbon, otto calvados… per finire con un patafisico e sbeffeggiante “N caffè” perché, probabilmente, non era riuscito a tenerne il conto?

E’ perechiana nell’essenza questa mostra perché basata sulla raccolta, l’ordine e la classificazione (il rimando va soprattutto ancora al suo “Pensare/Classificare”) che muove dal criterio della ‘casualità’, potremmo dire cageano: raggruppati in 18 categorie, che disattivano i criteri ufficiali della scientificità tassonomica, gli oggetti (li definisco in senso generico per non dettagliarli, per rispettarli nella loro straordinaria unicità) si offrono all’osservatore come emergessero dal caos del tempo e della ‘biblioteca di Babele’ del mondo suggerendo connessioni e significati, alludendo a gesti, momenti precisi del vivere...
Ma è perechiana anche per la precisa vocazione biografica - che trova il suo rimando più diretto a “Mi ricordo” del 1978 e a “Sono nato” del 1990 - perché questi oggetti sono fatalmente il racconto di storie personali, alludono a esperienze individuali che rimandano sempre e comunque a una dimensione collettiva: sono memorie di un tempo andato, magari solo di pochi giorni, riferimenti a momenti di storia locale e al tempo stesso nazionale, la Storia con la S maiuscola che Perec ha raccontato attraverso le drammatiche esperienze dei migranti di Ellis Island nella ricerca ossessiva della sua stessa biografia o nella vicenda di Jerome e Silvie in “Le cose” alle prese con l’insorgere della società dei consumi;

quest’inventario è senz’altro debitore di Perec anche per la vocazione per l’elencazione (a sua volta parente stretta del Rabelais di “Gargantua e Pantagruel” o del Verne di “Ventimila leghe sotto i mari”...), che lo scrittore francese ha esplorato in tante dimensioni diverse - come ad esempio in “Duecentoquarantatré cartoline illustrate a colori autentici” o nel divertissement di “81 ricette di cucina per principianti” in cui elenca ricette basate sulla combinazione di 4 ingredienti base.
“La scrittura contemporanea”, ha scritto nel 1976 rammaricandosi di questa assenza letteraria, “salvo qualche rara eccezione (Butor), ha dimenticato l’arte di enumerare: le liste di Rabelais, l’enumerazione linneiana dei pesci in Ventimila leghe sotto i mari, l’elenco dei geografi che hanno esplorato l’Australia nei Figli del capitano Grant...)”.

Ma è perechiana anche perché esibisce la messa in scena di un universo fatto di piccole cose, di minuzie (come nelle descrizioni di “Still life/Style Leaf” del 1981 o di “Specie di spazi” dell’’89) che rivelano, alludono, lasciano solo intuire e immaginare lo sfondo su cui si consumano i semplici atti del vivere quotidiano, la gloriosa, epica banalità dell’ordinario, potremmo dire. O come Perec l’ha definito, dell’infra-ordinario.
Lo scrittore si chiede: “Quello che succede veramente, quello che viviamo, il resto, tutto il resto, dov’è? Quello che succede ogni giorno e che si ripete ogni giorno, il banale, il quotidiano, l’evidente, il comune, l’ordinario, l’infra-ordinario, il rumore di fondo, l’abituale, in che modo renderne conto, in che modo interrogarlo, in che modo descriverlo?” (da “L’infra-ordinario”, Bollati Boringhieri, 1994)
Cosa ci fa una carta di briscola del fante di coppe (carta palindroma, perfettamente perechiana!) in un libro?  Come avranno fatto a giocare da quel giorno con un mazzo incompleto? E un cerotto per calli? Fermagli per capelli o una ricetta medica? E fototessera, foto di famiglia, biglietti del treno, ricevute fiscali del ristorante, lettere d’amore?

Addirittura il biglietto numerato di attesa dello sportello della posta emesso il 23 dicembre 2011  che ci induce a chiederci: il possessore ha cambiato idea e non ha voluto aspettare? Ha fatto il versamento allo sportello dimenticandosi di buttare il biglietto nel cestino presente a ridosso dello sportello?
Per non dire della lenticchia trovata, l’oggetto più piccolo, più assurdo e paradossale (anch’esso perechiano, dunque?), il più inimmaginabile che si possa trovare (ma siamo comunque in campagna, per quello che può voler dire e i libri, si sa, sono da sempre ‘erbari’ fai da te...)?
Esiste forse una nascosta correlazione, ancora tutta da indagare, fra gli oggetti trovati e i libri letti...?

Tutte tracce di quell’ordinario che è anche nei romanzi come “Le cose” (del 1966) e, soprattutto, “La vita istruzioni per l’uso” (del ‘78), il capolavoro letterario di Perec, dove le storie intrecciate di un condominio diventano la scacchiera su cui rendere paradigma, appunto, il senso della vita di ognuno, l’imperscrutabile mistero dei destini incrociati, degli universi paralleli, delle interconnessioni reali e virtuali, degli atti ripetuti, delle paranoie ed ossessioni quotidiane di ognuno. Delle manie collezionistiche che ci aiutano ad illuderci di poter fermare il tempo che scorre implacabile...

C’è poi sotteso in questo inventario l’idea del libro come macchina del tempo in grado di trasportare non solo parole, quindi idee, ma anche cose, oggetti lasciati al suo interno, come se esistesse la volontà nel lettore di personalizzare il libro, farlo proprio, lasciare un segno del suo passaggio/possesso, a dispetto della sua  implicita condizione di ‘oggetto pubblico’ (in quanto offerto da una biblioteca), quindi potenzialmente di tutti. Esiste un senso in questa evidente volontà di lasciare un segno di sé? E’ possibile alluda a un codice sotteso, misterioso, addirittura esoterico, che intenda affermare qualcos’altro da quello che manifesta?
(E sotto questo profilo, quindi, che significato hanno quegli oggetti sfuggiti, e che sfuggiranno, all’occhio attento del bibliotecario e torneranno a circolare tra i lettori finendo per accumulare nuovi oggetti e rendere un giorno, certo paradossalmente, il libro altro da sé, modificandone forma e significati…? Di qui, anche, oltre le ragioni già ben espresse da Mauro Ferrari, l’idea di una categoria ancora tutta da riempire…).

Più di ogni altro significato, dunque, questo inventario a me sembra una chiara celebrazione dell’esistenza, il racconto del casuale e inatteso ‘incontro’ fra le persone di una comunità che lasciano tracce di sé e si parlano a distanza, come se affidassero messaggi in bottiglie galleggianti nello spazio-tempo: i lettori di questi libri ‘particolari’ si conoscevano? Si conosceranno? Hanno lavorato insieme? Hanno frequentato le stesse scuole? Sono vicini di casa? Si incontrano abitualmente per le vie di Piadena?
Chi sono, poi, queste persone? Sono io? Siete voi?

Luca Ferrari
Cremona, 2-6 agosto 2018






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