Definendo perechiano
questo intelligente, bizzarro, giocoso inventario ideato e curato dall’amico Mauro
Ferrari intendiamo riferirci al senso profondo di un’esperienza letteraria e
più compiutamente intellettuale che ha caratterizzato la figura poliedrica di
Georges Perec - scrittore, saggista, autore teatrale, esperto di cruciverba,
animatore dell’OuLiPo (Officina di Letteratura Potenziale) con Calvino e
Queneau, nato a Parigi nel 1936 e morto prematuramente nel ’82, a soli 46 anni.
Un inafferrabile
patafisico della mente e dei linguaggi che ha attraversato generi e
sperimentato forme comunicative giocando col paradosso, la provocazione,
mescolando il linguaggio specialistico con il parlato, analizzando ossessivamente
la realtà con uno sguardo dal basso teso a ricostruire in particolare la sua
stessa biografia personale, frammentata e dispersa dalla morte dei genitori
vittime della guerra e dell’Olocausto.
Prendiamo lo splendido
titolo di questa mostra: “Inventario degli oggetti rinvenuti nei libri
rientrati dal prestito alla Biblioteca”: non richiama direttamente lo
straordinario “Tentativo di esaurimento
di un luogo parigino” che Perec scelse per descrivere minutamente nel 1974
alcuni luoghi di Parigi osservati standosene seduto a un tavolino di caffè o su
una panchina? O quell’elenco degli oggetti che si trovavano sul suo tavolo da
lavoro nell’anno 1976 (“Note riguardanti gli oggetti che si trovano sulla mia
scrivania”, contenuto in “Pensare/Classificare” uscito postumo nel 1985)?
O ancor meglio quel
“Tentativo d’inventario degli alimenti liquidi e solidi che ho ingurgitato
durante l’anno millenovecentosettantaquattro” in cui elencava il numero totale
di cavoli, fichi, polli, pastasciutte
mangiati, bottiglie di beaujolais bevute... 56 armagnac, un bourbon, otto
calvados… per finire con un patafisico e sbeffeggiante “N caffè” perché,
probabilmente, non era riuscito a tenerne il conto?
E’ perechiana
nell’essenza questa mostra perché basata sulla raccolta, l’ordine e la
classificazione (il rimando va soprattutto ancora al suo
“Pensare/Classificare”) che muove dal criterio della ‘casualità’, potremmo dire
cageano: raggruppati in 18 categorie, che disattivano i criteri
ufficiali della scientificità tassonomica, gli oggetti (li definisco in
senso generico per non dettagliarli, per rispettarli nella loro straordinaria
unicità) si offrono all’osservatore come emergessero dal caos del tempo e della
‘biblioteca di Babele’ del mondo suggerendo connessioni e significati, alludendo
a gesti, momenti precisi del vivere...
Ma è perechiana
anche per la precisa vocazione biografica - che trova il suo rimando più
diretto a “Mi ricordo” del 1978 e a “Sono nato” del 1990 - perché questi oggetti
sono fatalmente il racconto di storie personali, alludono a esperienze
individuali che rimandano sempre e comunque a una dimensione collettiva: sono
memorie di un tempo andato, magari solo di pochi giorni, riferimenti a momenti
di storia locale e al tempo stesso nazionale, la Storia con la S maiuscola che
Perec ha raccontato attraverso le drammatiche esperienze dei migranti di Ellis
Island nella ricerca ossessiva della sua stessa biografia o nella vicenda di
Jerome e Silvie in “Le cose” alle prese con l’insorgere della società dei
consumi;
quest’inventario è
senz’altro debitore di Perec anche per la vocazione per l’elencazione (a sua
volta parente stretta del Rabelais di “Gargantua e Pantagruel” o del Verne di
“Ventimila leghe sotto i mari”...), che lo scrittore francese ha esplorato in
tante dimensioni diverse - come ad esempio in “Duecentoquarantatré cartoline
illustrate a colori autentici” o nel divertissement di “81 ricette di
cucina per principianti” in cui elenca ricette basate sulla combinazione di 4
ingredienti base.
“La scrittura contemporanea”,
ha scritto nel 1976 rammaricandosi di questa assenza letteraria, “salvo qualche
rara eccezione (Butor), ha dimenticato l’arte di enumerare: le liste di
Rabelais, l’enumerazione linneiana dei pesci in Ventimila leghe sotto i mari,
l’elenco dei geografi che hanno esplorato l’Australia nei Figli del capitano
Grant...)”.
Ma è perechiana anche
perché esibisce la messa in scena di un universo fatto di piccole cose, di
minuzie (come nelle descrizioni di “Still life/Style Leaf” del 1981 o di
“Specie di spazi” dell’’89) che rivelano, alludono, lasciano solo intuire e
immaginare lo sfondo su cui si consumano i semplici atti del vivere quotidiano,
la gloriosa, epica banalità dell’ordinario, potremmo dire. O come Perec l’ha
definito, dell’infra-ordinario.
Lo scrittore si chiede:
“Quello che succede veramente, quello che viviamo, il resto, tutto il resto,
dov’è? Quello che succede ogni giorno e che si ripete ogni giorno, il banale,
il quotidiano, l’evidente, il comune, l’ordinario, l’infra-ordinario, il rumore
di fondo, l’abituale, in che modo renderne conto, in che modo interrogarlo, in
che modo descriverlo?” (da “L’infra-ordinario”, Bollati Boringhieri, 1994)
Cosa ci fa una carta di
briscola del fante di coppe (carta palindroma, perfettamente perechiana!) in un
libro? Come avranno fatto a giocare da
quel giorno con un mazzo incompleto? E un cerotto per calli? Fermagli per
capelli o una ricetta medica? E fototessera, foto di famiglia, biglietti del
treno, ricevute fiscali del ristorante, lettere d’amore?
Addirittura il biglietto
numerato di attesa dello sportello della posta emesso il 23 dicembre 2011 che ci induce a chiederci: il possessore ha
cambiato idea e non ha voluto aspettare? Ha fatto il versamento allo sportello
dimenticandosi di buttare il biglietto nel cestino presente a ridosso dello
sportello?
Per non dire della
lenticchia trovata, l’oggetto più piccolo, più assurdo e paradossale (anch’esso
perechiano, dunque?), il più inimmaginabile che si possa trovare (ma
siamo comunque in campagna, per quello che può voler dire e i libri, si sa,
sono da sempre ‘erbari’ fai da te...)?
Esiste forse una nascosta
correlazione, ancora tutta da indagare, fra gli oggetti trovati e i libri
letti...?
Tutte tracce di
quell’ordinario che è anche nei romanzi come “Le cose” (del 1966) e,
soprattutto, “La vita istruzioni per l’uso” (del ‘78), il capolavoro letterario
di Perec, dove le storie intrecciate di un condominio diventano la scacchiera
su cui rendere paradigma, appunto, il senso della vita di ognuno, l’imperscrutabile
mistero dei destini incrociati, degli universi paralleli, delle
interconnessioni reali e virtuali, degli atti ripetuti, delle paranoie ed
ossessioni quotidiane di ognuno. Delle manie collezionistiche che ci aiutano ad
illuderci di poter fermare il tempo che scorre implacabile...
C’è poi sotteso in questo
inventario l’idea del libro come macchina del tempo in grado di
trasportare non solo parole, quindi idee, ma anche cose, oggetti lasciati al
suo interno, come se esistesse la volontà nel lettore di personalizzare
il libro, farlo proprio, lasciare un segno del suo passaggio/possesso, a
dispetto della sua implicita condizione
di ‘oggetto pubblico’ (in quanto offerto da una biblioteca), quindi
potenzialmente di tutti. Esiste un senso in questa evidente volontà di lasciare
un segno di sé? E’ possibile alluda a un codice sotteso, misterioso,
addirittura esoterico, che intenda affermare qualcos’altro da quello che
manifesta?
(E sotto questo profilo,
quindi, che significato hanno quegli oggetti sfuggiti, e che sfuggiranno,
all’occhio attento del bibliotecario e torneranno a circolare tra i lettori
finendo per accumulare nuovi oggetti e rendere un giorno, certo
paradossalmente, il libro altro da sé, modificandone forma e
significati…? Di qui, anche, oltre le ragioni già ben espresse da Mauro
Ferrari, l’idea di una categoria ancora tutta da riempire…).
Più di ogni altro
significato, dunque, questo inventario a me sembra una chiara celebrazione
dell’esistenza, il racconto del casuale e inatteso ‘incontro’ fra le persone di
una comunità che lasciano tracce di sé e si parlano a distanza, come se
affidassero messaggi in bottiglie galleggianti nello spazio-tempo: i lettori di
questi libri ‘particolari’ si conoscevano? Si conosceranno? Hanno lavorato
insieme? Hanno frequentato le stesse scuole? Sono vicini di casa? Si incontrano
abitualmente per le vie di Piadena?
Chi sono, poi, queste
persone? Sono io? Siete voi?
Luca Ferrari
Cremona, 2-6 agosto 2018
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