Negli anni della maturità lavora come affrescatore e restauratore per i più importanti musei tedeschi.
Torna spesso a Cremona di cui ama tutto, la gente, il Po, gli argini.
Camìni in spiciula
lòonch a l'àarzen d'estàat,
ghe fares dèenter
en bel quàader
Cammino in bicicletta/ lungo l'argine d'estate/ ci farei/ un bel quadro.
Nel 1996 pubblica con la Libreria Ponchielli, a cura di Mario Balestreri, il primo volume di quella che sarà la sua trilogia sulla vecchiaia: "In piàarda", "Adès che sùunti vèec..." e "Quàant te rìivet in fòont...".
Mario Balestreri ha scritto: "...si tratta di poesia "umile" (nel senso etimologico: che sa di terra e d'acqua, e d'aria) segnata da una grazia nativa acerba e svelta, da antica arguzia e da una breve ombra di malinconia, risolta nel rapido giro di pochi versi: come epigrammi greci o come haiku giapponesi in dialetto cremonese...E' chiaro che l'autore concepisce e immagina "in dialetto", che solo questa e non altra può essere la forma della sua creazione". (dall'introduzione di M. Balestreri a "In piàarda", Libreria Ponchielli, 1996).
Mentre andava costruendo la sua parola poetica, Gianamleto Feraboli portava parallelamente avanti studi rigorosi sul dialetto. Pareva pensare che in quelle parole, in quel gergo restasse viva e pulsante un'idea della vita forte, sincera, senza eufemismi e musealizzazioni .
Era particolarmente interessato a tutte le voci dialettali che appartenevano alle minoranze: girovaghi, venditori ambulanti, artigiani, sensali di animali, accattoni, i seggiolai del mantovano, gli ombrellai, i venditori di cùni, castagne infilate a collana, i mendicanti che vendono santini davanti alle chiese, i suonatori ambulanti, chiamati in gergo Drìto strilàant.
Basta scorrere questa lista per sentire che il mondo, il nostro mondo così impoverito e irrigidito, riprende a respirare, a muoversi, a cantare.
Illustrazione di Mario Balestrieri tratta da In piàarda
da "BACAJA'A L'AMA'ARO"
Gianamleto Feraboli
dall'Introduzione:
-E' difficile oggi ricostruire la genesi del gergo in questione: abbiamo termini che provengono "dal parlar furbesco" del XVI secolo, altri provengono dai sensali di cavalli, altri dall'ambiente militare, altri dagli zingari ma sono solo supposizioni ... Comunque si è accertato che già negli anni attorno alla prima guerra mondiale Bacajàa l'amàaro, parlare il gergo, era ampiamente diffuso nell'ambiente della legèera cremonese ... ovunque si facessero sagre, mercati, fiere ...Va inoltre precisato che l'Amàaro non è uno strumento linguistico polivalente, non permette cioè discussioni ampie e articolate. Esso è piuttosto una lingua per l'occasione, da usarsi a piccoli spezzoni, in singole frasi, in brevi commenti e osservazioni. E cioè sopratutto nell'ambito di un gruppo in cui L'amàaro evidenzia e rafforza la coesione interna e l'identità.
...Passiamo ora a vedere da vicino in che modo è costruita questa parlata.
...Per quanto riguarda i verbi, il procedimento...articolato con la costruzione verbale composta solitamente da due parti:
una variabile, costruita dalle rispettive voci dei verbi:
Fàa Fare
Stàa Stare
Andàa Andare
Eser Essere
Vìighe Avere
Ecco alcuni esempi:
Fàa 'l cuntràst lòfi : fare il tonto, lo scemo (simulare, con un fine)
Fàa 'na tiràada : fare una soffiata, la spia
Fàa casàansa : fare della prigione, della galera
Fàa l'imbunimèent : fare il discorso accattivante (il venditore)
Fàa nìsba : fare niente
Fàa el sgòbo : fare un lavoro
Stàa sò : non confessare, non parlare
Stàa in campàana : stare all'erta, attenti
Andàa per Giòbe : fingere di andare
Giubàa : fare la commedia
Andàa a l'ùrto : andare a lavorare, andar per pane
Stàa incavalàat : essere armato di pistola
fàa la bèla : evadere
vìighe smurfìit : aver mangiato
andàa a pulegiàa : andare a dormire
.
(a domani, Sabato 8 Aprile, per altre voci)
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