Nessuno è un altro. O forse si. E’ un Altro. C’è sempre quella parte di noi, sepolta sotto grossi scialle di razionalità che puzzano di cavolo bollito…non si arrende mai, è un daimon, direbbero alcuni, un amico, un gentiluomo della carne, o un macellaio della gentilezza, un granello di zucchero in mezzo al sale o di sale in zucca. Non è proprio sensato. È tutto un grosso appiccicarsi di frammenti e storie e topi e chilosa. Se fossimo come i collage sapremmo che farcene di noi stessi. Stare lì appesi ad un paio di ganci è abbastanza rilassante. Loro non hanno problemi con l’Altro. Sembrano compiuti, lisci e coronati d’alloro, pronti per l’eternarsi, ma poi ecco che accade un fatto: c’è sempre un rompicoglioni di spettatore. Si sentono fissati. Tremolano, tipo budino. Ottimo budino. Non riescono a chiedersi perché lo spettatore li stia guardando, perché in effetti…non pensano. Almeno, non nel senso razionale…Curioso. Cosa? Cosa è curioso? Curioso pensare che alla fine un collage sia solo un appiccicarsi di frammenti e storie e topi e chilosa. Solo che usi la colla, un paio di forbici e un po’ di carta. Un po’ di ratio ce la metti, di sicuro, per evitare di mettere troppa colla, o tagliarti una falange, o sprecare carta, ma alla fine il risultato è una specie di budino. Davvero. Non so, di budini ne ho visti a bizzeffe, ma budini così veramente pochi. Si sciolgono tra le sinapsi, tipo effervescente Franco Brioschi –bella questa- e te le corrodono. Correnti opposte. Maelstrom. Forse le uniche reazioni adeguate che puoi avere sono godere esteticamente o godere perinealmente-capita, raramente-, perché ti pare che quel dannato foglio di carta sotto vetro abbia infilato un gancio nel tuo orecchio e stia lentamente aprendo il cranio per entrarci. E’ più una scommessa che razionalità: giochi alla roulette russa per una Weltanschauung più tentacolare. Vuoi vedere una porta sopra alle montagne prive di luce bianca che sospende il tempo. Vuoi vedere la fine del mondo, perché tanto sai che sarà così e avrai il tuo posto a sedere con i tuoi popcorn quando accadrà. V uoi che l’amore sia risolvibile e allora metamorfosi, che tanto è solo sospensione. Vuoi città che ritornino al tempo andato schifando la sinfonia delle automobili e rombando su un bell’adagio, che tanto è sempre bello. Vuoi farti un bel pediluvio al Polo Sud, lo so che lo vuoi, vuoi che i pinguini ti mordano i piedi. Vuoi che le porte della percezione si aprano, ma hai paura perché camminare su un nastro di Mobius deve essere sfiancante. E ti fermi. Certo, è una bella batosta. Ma è un po’ come l’orologio molle, no? Forme particolari bla bla che rimandano all’inconscio bla bla Dalì Salvatore bla bla voyeur dell’Altro bla bla. Al di là degli sproloqui critici –utilissimi, per carità- vedi qualcosa nella nuca, proprio dove c’è il cervelletto. E non sai dire cos’è, perché non sei pronto e forse non lo sarai mai. Dire è razionale, ciò che senti no. Non sbagliare, non sei pirla e non stai fallendo alcun tipo di prova. Solo, forse dovremo acquisire due cromosomi in più per poter spiegare e dire. Insomma…ci sarà pure qualcosa che si può dire su questi quadrettini? Colori complementari (?) bla bla provenienza da mondi differenti bla bla scatenano una reazione per contrasto bla bla voyeur dell’Altro bla bla un po’ più ordinata e segmentata bla bla. Basta! E’ labirinto, e deserto… mondi possibili che si abbracciano. Un Tempo che ci lascia amarci narcisisticamente nel passato. L’io compresso in una parola, un prisma sabbioso che è solo tentacoli e cercano l’acqua e infine la trovano, nel cervelletto ipotalamo lobo temporale frammenti e storie e topi e chilosa, ma poi non basta, e decidono di ritrarsi e penetrare il prisma egotico da fuori e lo abbracciano facendo rilucere nel Tempo che è solo eterosessualità del presente in un mondo, il nostro.
FEDERICO BIOLCHI
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