Con lo scrittore marziano che si pone fuori dalla società e la fustiga siamo di nuovo in piena estetica romantica-decadente. E la curiosità di questa società che però poi lo premia, l’artista arrabbiato.
Ma io non è
che la fustighi per fare il byroniano. Io mi difendo, nel senso che
vorrei vivere in una specie di bunker come nel racconto La casa
di Gadda, quella fortezza col filo spinato… Sono molto a disagio sul
piano politico-morale e infatti mi astengo da qualsiasi dibattito, da
qualsiasi pronunciamento, perché in questo periodo in cui si parla di
muri e non muri io istintivamente solo alla parola muro godo. Non perché
penso al muro in Messico o nel canale di Sicilia, penso a The Wall
intorno a me. Per me muro è tutto ciò che mi separa dagli altri. A me
solo la parola “social” fa vomitare. Io sogno un mondo di gente
silenziosa triste e implosa, un mondo autistico dove non ci siano happy
hour, feste di laurea, feste di compleanno, feste aziendali, cazzeggi,
risse, ubriachi. Fondamentalmente come modello di vita ho la DDR di
Honecker, un mondo depresso dove tutti hanno la Trabant o la bici, dove
non ci sono SUV, non ci sono stronzi, dove tutti i depressi tornano a
casa la sera alle sei, si chiudono dentro col coprifuoco, si mangiano
una minestra di cavolo e sentono Brahms. Mi sembra la cosa più vicina
alla mia idea di paradiso.
(intervista a Michele Mari a cura di Carlo Mazza Galanti, "il Tascabile)
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