venerdì 15 aprile 2011


LE CITTÀ IN-DIVISIBILI

Pare assurdo considerare "Le città invisibili" di Italo Calvino come un opera letteraria di indiscusso valore.A mio modo di vedere la cosa, il suo valore è discutibilissimo, anzi, discutibile, se non addirittura confutabile."Le città invisibili" non sono farina del suo sacco, ma di Borges, Kafka, Pasolini e di tutta la filosofia scientifico-strutturalista che ingloba Saussure e anche il lavoro di Deleuze sul tempo "La logica del senso". Cosa vi può essere di geniale e pregevole nell'opera di Calvino, se non il fatto d'aver u po' qui e un po' là dal sacco contenente la farina di Borges, Kafka, Pasolini ed anche Joyce. Di Borges viene saccheggiato il tema dello specchio come riverbero di luce e strumento creatore di immagini che dal reale si riflettono sulla sua superficie e ne formano un doppio("gli specchi e la copula sono abominevoli perchè moltiplicano il numero degli uomini");questa è un immagine fondante e basilare dell'opera e caratteristica di più di una città. Da Kafka viene ripreso il tema dei topi che dominano il genere umano, presente nel racconto "Josefine la cantante o il popolo dei topi".Da Pasolini ed in particolare dal suo cortometraggio "Che cosa sono le nuvole?", viene ripresa l'immagine degli immondezzai visti come becchini. Di Joyce viene ripreso il tema e concetto della vita quotidiana moderna come inferno collante fondamentale dell' "Ulisse", presente nel finale dell'opera di Calvino come chiusa e sigillo. Dalla sfera filosofico-scientifica viene ripresa la ricerca sul segno formato da significato e significante di Saussure e la distinzione tra tempo Chronos e tempo Ajon di Deleuze ripresa alla pari.Non si trascuri poi che l'intera base e fondamento dei dialoghi fra Marco Polo e Kublai Khan , posti prima e dopo la descrizione di ogni singola città siano stati interamente influenzati dal "Milione" dello stesso mercante veneziano, da cui deriva anche il tema dell'opera e la procedura di narrazione, così come la figura centrale del narratore.Porre come caratteristica fondante e d'originalità e d'innovazione quella della brevità di scrittura, ha ancor più dell'assurdo, dato che già prima di Calvino vi furono personalità del mondo letterario con la "A" maiuscola che fecero della brevità dello stile, del linguaggio così come della sintassi caratterizzata da verbi e tempi impersonali e non regolari come participi, gerundi e ablativi alla latina caratteristiche peculiari del loro scrivere. Uno di queste fu ed è tutt'ora Antonio Pizzuto. Cos'ha dunque d'originale l'opera di Calvino? Il 68' come età di rivolta e cambiamento? Ma fatemi il piacere... non si vada sempre a ripescare nel sociale per dare un giudizio ad un opera , ancor peggio poi se per una valutazione o analisi di tipo letterario. Il fatto è uno, inderogabile, inconfutabile e indiscutibile, Calvino non è un buon scrittore.

PB

1 commento: