Deriva dal latino stilus, che era lo stilo per scrivere: uno strumento appuntito usato per incidere sulla cera.
Ma stilus deriva a sua volta da una radice indoeuropea stei-, che significa "pungere, colpire, trafiggere".
Quindi lo stile nasce come ferita, come segno inciso.
Che cosa ci dice questa origine?
Che lo stile non è un ornamento, ma un’impronta.
È la traccia lasciata da un essere nel mondo — spesso involontaria, come il passo sulla sabbia o il graffio sulla pelle.
Lo stile non è solo “come fai le cose”, ma ciò che fai quando sei vero.
Quando non stai imitando nessuno.
In questo senso, stile è destino.
È l’anima che scrive nel visibile.
Se stile è ciò che punge, allora è la forza che rompe la superficie del senso comune.
È l’azione individuale che taglia l’inerzia del collettivo, come una lettera incisa in uno specchio appannato.
In questo senso, stile è destino.
È l’anima che scrive nel visibile.
Se stile è ciò che punge, allora è la forza che rompe la superficie del senso comune.
È l’azione individuale che taglia l’inerzia del collettivo, come una lettera incisa in uno specchio appannato.
E se il tuo stile è unico, non può non essere anche una ferita: perché crea separazione, dichiara identità, chiama a raccolta o espone al rifiuto.
Se la verità è informe, lo stile è il modo in cui le diamo un corpo.
Un abito, una parola, un disegno: sono sacramenti di ciò che ci abita.
Quando il gesto coincide con il centro, lo stile diventa preghiera visibile.
È ciò che succede quando lasci che la bellezza ti regni. (si impara)
È la scia che lasciamo dietro di noi: come le briciole nella fiaba, ma luminose.
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